Adattamento e distruzione creativa
- Downsizing-
Prof. Sergio Sabetta
Una ricerca condotta dalla Society of Human Resource Management della fine degli anni ’80 ha rilevato che meno del 50% delle aziende ristrutturate mediante downsinzing ne ha ottenuto un beneficio, lo stesso dicasi per una ricerca condotta dall’Università del Wisconsin in cui si sono osservati i mancati risultati per oltre il 50% su 1000 aziende analizzate nonostante il massiccio taglio dei costi sul personale, idem in una ricerca del 1997 effettuata dall’Università del Colorado a Denver.
Sorge il problema del perché una strategia all’apparenza perfettamente razionale, quale il taglio dei costi mediante riduzione del personale, manchi in realtà i risultati economici promessi.
Vi è qualcosa di molto più complesso di un semplice processo contabile di partita doppia intervengono in realtà effetti a livello psicologico di emotività, dobbiamo evitare di considerare passivamente le persone per poi meravigliarci dei pessimi risultati. Questo non vuol dire introdurre un buonismo generico, bensì affermare una chiarezza di base nel contratto psicologico non riducendo tutto all’opposto a un rapporto punitivo, noi umiliamo la totalità dell’uomo con uno spirito strettamente meccanicistico, di per sé riduttivo.
Partendo da una concezione organicistica per cui l’organizzazione è viva e non meccanica costituita dalla compenetrazione strutturale tra tecnologia e risorse umane in rapporto con l’ambiente esterno, si supera l’ottica della pura conservazione mediante adattamento , dovendo considerare anche l’esistenza della possibile implosione della struttura per opera del tutto interna in cui l’ambiente esterno avrà una funzione solamente acceleratoria. Deve concludersi che, come tutte le cose umane, le singole organizzazioni avranno una fine dovuta all’esaurirsi delle risorse interne e della capacità di adattamento per accumulo di tossine, di cui il controllo gestionale dovrà essere in grado di rilevarne i sussulti quale un normale sistema immunitario.
Al riguardo particolarmente interessanti sono le ricerche più recenti sulla capacità delle strutture viventi di scatenare la propria autodistruzione, superando il concetto finora prevalente che la morte possa essere causata solo da fatti esterni e dalla conseguente incapacità di resistere alle aggressioni dell’ambiente.
Ogni organizzazione in base al secondo principio della termodinamica aumenta costantemente la quantità totale interna di entropia o disordine, caos, essa può far diminuire la propria entropia solo scaricandola all’esterno, ma se il sistema lo impedisce soffocherà nel proprio calore residuo annegando letteralmente nei propri scarti e per questa via spegnendosi. Vi è sempre alla base un trasferimento di energia con un progressivo degradarsi dell’informazione, che pertanto dovrà essere ricostituita e nel far questo si potrà scegliere la quantità e qualità di informazione che rivorrà salvare e a spese di quale.
Come ogni cellula vive in simbiosi con gli altri individui e la sua scomparsa prematura è fondamentale nella perenne ricostruzione del nostro corpo, altrettanto può dirsi per le organizzazioni in cui il succedersi del turn- over, per mobilità o pensionamento, determina un continuo rinnovarsi delle strutture stesse, questo tuttavia non deve comportare l’impoverimento strutturale per una eccessiva riduzione.
Il senso di stabilità è illusorio, dovuto al progressivo mutare del personale, ma questo continuo rinvio è essenziale alla plasticità e all’adattarsi alla complessità ambientale.
Emerge una visione più dinamica in perenne equilibrio tra autodistruzione e rinnovamento, una vulnerabilità comunque legata fortemente al malfunzionamento di elementi interni che innescano processi di devianza e sclerosi nell’adattamento.
Non dobbiamo meravigliarci della capacità di autodistruggersi dell’organizzazione se solo pensiamo al sovrapporsi di interessi personali ed obiettivi inespressi dai singoli componenti, la differenza tra pubblico e privato è data dalla garanzia di fatto offerta dalla legge che rende l’organizzazione letargica e con un metabolismo lento da testuggine, ma non eterna.
Le strutture organizzative sono sistemi dinamici con notevole sensibilità alle condizioni iniziali, per cui una piccola variazione introdotta in un sistema può farlo evolvere in maniera imprevedibile con un effetto a cascata.
In biologia quel che provoca la liberazione delle tossine e la morte dall’interno è la percezione da parte della struttura biologica di un ambiente sfavorevole, si verifica che la morte di una parte costituisce una aggiunta di risorse per la parte restante, non si può infatti ottenere qualcosa al prezzo di niente in contrasto con le leggi della fisica conosciute ( primo principio della termodinamica- la quantità totale di materia e di energia è costante). In altre parole la rottura della simmetria vita – morte intesa come conservazione, con la conseguente morte prematura di una parte della struttura, permette la giovinezza della restante parte, in questo interviene il mutamento culturale interno, i sociologi postulano che cambiamenti del modo di pensare ed operare di una notevole quantità di persone avvenga sotto l’influenza delle idee di pochi soggetti con una reazione a catena, l’importante sono i collegamenti multipli e brevi di percorso dei soggetti inseminatori.
In termini organizzativi occorre pertanto non aumentare la persistenza del personale oltre il normale ciclo di esaurimento della motivazione e delle capacità innovative - intellettive, indipendentemente da un aspetto puramente finanziario, bilanciando elasticità mentale e deposito della memoria, dove vi è una superiore capacità di valutare l’insieme e le dinamiche in gioco.
L’annichilimento della struttura per l’esaurirsi delle capacità espansive porta a far sì che non vi potrà più essere un taglio della torta equo senza invidia, ma ognuno penserà che un altro abbia ricevuto un pezzo migliore del suo con il possibile collassamento definitivo dell’organizzazione, nella quale vengono proiettati desideri e carenze del singolo, ma questo porterà all’espandersi di parte dell’informazione fuori dalla stessa organizzazione collassata, fecondando nuove realtà.
“Il trionfo di una nuova verità scientifica non si deve al fatto che essa riesce finalmente a convincere i suoi oppositori e a far vedere la luce, ma solo al fatto che infine i suoi oppositori muoiono, e cresce una nuova generazione che ha familiarità con essa” (Max Planck) (1)
Nota
(1) – Nicola Antonucci, Perché solo Wittgenstain era a suo agio nel caos?, Complexlab.com
Bibliografia
- Jean Claude Ameisen, Morire per vivere, in Le Scienze, aprile 2004
- E. Ricci, Internet e l’effetto farfalla, in Le Scienze, aprile 2004;
- D. Bressanini, Il teorema della torta, febbraio 2004;
- K. De Vries, L’Organizzazione Nevrotica, Raffaello Cortina Ed., 1997;
- K. De Vries, L’Organizzazione Irrazionale, Raffaello Cortina Ed., 2001;
- R.P. Feynman, QED – La strana teoria della luce e dela materia, Adelphi, 1989.