Le norme sul diritto di accesso, di cui agli artt. 22 e 23 della legge n. 241/90, sono applicabili anche per gli atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato.
Così si è espresso il Consiglio di Giustizia Amministrativa per
Il caso ha riguardato una dipendente di un’azienda ospedaliera che ha proposto ricorso per il diniego di accesso agli atti riguardanti le modalità di erogazione di alcuni benefici economici.
L’Ente interessato, soccombente in primo grado, ha proposto appello asserendo innanzitutto il difetto di giurisdizione sulla base del fatto che i documenti di cui si chiedeva l’esibizione non avessero attinenza con attività di pubblico interesse dell’amministrazione, soggetta al canone della imparzialità, ma soltanto con la gestione dei rapporti di lavoro, e sostenendo, altresì, la insussistenza di un interesse personale e concreto da parte della richiedente per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante.
Il Collegio confermando, in aderenza alla giurisprudenza maggioritaria (Cass., sez. lav., 2 aprile 2004 n. 6570; Cass., sez. lav., 18 febbraio 2005 n. 3360), che quelli emessi dal datore di lavoro pubblico sono ormai semplicemente atti di gestione del relativo rapporto di lavoro e, pertanto, ad essi non sono più applicabili le norme della legge n. 241/90, ha tuttavia precisato che quest’ultima affermazione si intende riferita solo all’impossibilità di continuare a configurare per tali atti i vizi tipici dell’atto amministrativo, ma non riguarda il diritto di accesso, per il quale continua invece ad applicarsi la citata normativa (Cons. St., Ad. Pl., 22 aprile 1999 n. 5).
Al riguardo, i Giudici hanno posto l’accento come l’art. 22 della L. 241/90, sostituito dall art. 15 della L. 11 febbraio 2005 n. 15, ha precisato che per documenti amministrativi debbano intendersi quelli detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
Il Collegio, inoltre, ha confermato la sentenza del TAR anche relativamente al merito, in quanto l’interessata con l’istanza di accesso presentata, motivata con l’esigenza di sottoporre i tabulati “all’esame della RSU e per dare sostegno e assistenza ai lavoratori coinvolti e per la tutela di ciascun assistito”, ha certamente dimostrato di essere titolare di un interesse personale e concreto per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante, dovendo verificare se l’Amministrazione abbia o meno correttamente proceduto all’eroga-zione del beneficio economico.
Gesuele Bellini
N. 558/07 Reg.Dec. N. 1448 Reg.Ric. ANNO 2006 |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 1448/06 proposto da
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO DI CATANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Sebastiano Bruno Caruso ed elettivamente domiciliata in Palermo, via Onorato n. 10, presso lo studio dell’avv. Rosanna Paruta;
c o n t r o
CHIARENZA CATERINA, in proprio e nell’interesse della rappresentanza sindacale unitaria del personale (RSU) presso l’Azienda Ospedaliera Policlinico di Catania, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Caltabiano e domiciliata per legge in Palermo, via Cordova n. 76, presso la segreteria di questo C.G.A.;
e nei confronti di
BONOMO ANTONINO, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’avv. G. Caltabiano per Chiarenza Caterina in proprio e n.q.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Francesco Teresi;
Uditi alla camera di consiglio del 29 novembre 2006 l’avv. A. Saitta, su delega dell’avv. S. B. Caruso, per l’azienda appellante e l’avv. N. Seminara, su delega dell’avv. G. Caltabiano, per Chiarenza Caterina in proprio e n.q.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
L’appello è avverso la sentenza in epigrafe, che ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellata, sig.ra Caterina Chiarenza, ordinando all’Amministrazione di rilasciare alla stessa copia dei documenti richiesti, nel termine di giorni 30 dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza, ovvero dalla sua notificazione ad opera di parte.
Nell’appello si ribadisce l’eccezione di difetto di giurisdizione nella considerazione che i documenti di cui si chiedeva l’esibizione non concernessero attività di pubblico interesse dell’amministrazione, soggetta al canone della imparzialità, ma soltanto la gestione dei rapporti di lavoro.
Si eccepisce, inoltre, la insussistenza di un interesse personale e concreto per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante e la mancanza della prova della sua esistenza.
Nel merito si ribadiscono i motivi già sollevati in primo grado.
Alla pubblica udienza del 29 novembre 2006 il ricorso è stato tratto in decisione.
D I R I T T O
Va in via preliminare esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione.
L’eccezione è infondata.
Correttamente il giudice di prime cure nel respingerla ha avuto cura di precisare che per quanto sia “vero che quelli emessi dal datore di lavoro pubblico sono ormai semplicemente atti di gestione del relativo rapporto, che su essi non sono più rilevabili neppure i vizi tipici dell atto amministrativo (fermo restando il limite estrinseco consistente nel divieto di violare i diritti soggettivi del lavoratore), e che, più in generale, le norme della L. n. 241/90 non sono più applicabili ai rapporti di impiego pubblico privatizzati (cfr. Cass., sez. lav., 2 aprile 2004 n. 6570; id., 18 febbraio 2005 n. 3360)”, tuttavia ha ridimensionato quest’ultima affermazione, nel senso che essa “va riferita alla impossibilità di continuare a configurare i vizi tipici dell’atto amministrativo, mentre l’applicabilità della L. n. 241/90 va ribadita per quanto riguarda il diritto di accesso ai documenti amministrativi, per il quale, già prima di recenti modifiche normative, si affermava che la relativa disciplina, dettata dagli art. 22 e 23 della citata legge, non fosse “preclusiva in via di principio dell ostensibilità degli atti di natura privatistica della p.a.” (cfr., ex multis, Cons. St., Ad. Pl., 22 aprile 1999 n. 5)”.
Se così è, non si può negare, così come rilevato dalla sentenza appellata, che “se tale disciplina è applicabile per l’attività privatistica in generale, lo sarà naturalmente anche per quell’attività legata alla gestione dei rapporti di lavoro, in relazione alla quale possano essere presentate, dai dipendenti interessati, richieste di accesso a documenti”.
“D’altra parte - come ben puntualizza il giudice di primo grado - l’art. 22 della L. 241/90, come sostituito dall art. 15 della L. 11 febbraio 2005 n. 15, dopo aver definito, all’art. 1, lett. a), il diritto di accesso come “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”, precisa anche, alla successiva lett. d), che per “documento amministrativo” debba intendersi “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale””.
“Oltretutto - precisa ulteriormente e appropriatamente la sentenza appellata - l’art. 28 della L. n. 300/70, citato dalla difesa dell’Azienda (appellante) a sostegno dell’eccezione di difetto di giurisdizione, si riferisce al datore di lavoro che “ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero”, e non riguarda quindi il caso in esame, considerato che l’esercizio del diritto di accesso non costituisce propriamente una modalità di attuazione delle libertà sindacali, costituendone, semmai, una fase prodromica”.
E d’altra parte, l’art. 22 della L. 241/90, come sostituito dall art. 15 della L. 11 febbraio 2005 n. 15, dopo aver definito, all’art. 1, lett. a), il diritto di accesso come “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”, precisa anche, alla successiva lett. d), che per “documento amministrativo” debba intendersi “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (Cons. Stato, IV, 22.2.2003, n. 961; id., VI, 5.3.2002, n. 1303).
Oltretutto, l’art. 28 della L. n. 300/70, citato dalla difesa dell’Azienda a sostegno dell’eccezione di difetto di giurisdizione, si riferisce al datore di lavoro che “ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero”, e non riguarda quindi il caso in esame, considerato che l’esercizio del diritto di accesso non costituisce propriamente una modalità di attuazione delle libertà sindacali, costituendone, semmai, una fase prodromica.
Ma anche relativamente al merito la sentenza appellata è da confermare.
Nell’accogliere anche sotto questo profilo il ricorso il giudice di prime cure ha riconosciuto che la ricorrente con le istanze di accesso presentate, tutte motivate con l’esigenza di sottoporre i tabulati “all’esame della RSU e per dare sostegno e assistenza ai lavoratori interessati e per la tutela di ciascun assistito”, “ha certamente dimostrato di essere titolare di un interesse personale e concreto per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante, dovendo verificare se l’Amministrazione abbia o meno correttamente proceduto all’eroga-zione del fondo incentivante e dello straordinario”. Non tiene pertanto l’eccezione dell’Azienda relativa all’esigenza di tutelare la riservatezza dei soggetti interessati dalle istanze, in quanto destinatari di quelle erogazioni, stante che, ai sensi della vigente normativa in materia, in casi del genere non sussiste alcun profilo di riservatezza.
Al riguardo – come rileva la sentenza appellata – va tenuto presente che l’art. 22 della L. n. 241/90, ai commi 2 e 3, precisa che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale…”, e che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e
L’esclusione del diritto di accesso prevista dal comma 1 del citato art. 24 riguarda i documenti coperti da segreto di Stato, i procedimenti tributari, l attività della pubblica amministrazione diretta all emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, i procedimenti selettivi, i documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi. Inoltre, per il comma 2, dello stesso disposto legislativo “le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all accesso ai sensi del comma
“Oltretutto - come ben precisa la sentenza appellata - il comma 5 stabilisce che gli stessi “documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell àmbito e nei limiti di tale connessione”.
Da ultimo, il comma 6 della stessa disposizione legislativa, disciplina i casi in cui il Governo può, con proprio regolamento, prevedere casi di sottrazione all accesso di documenti amministrativi.
Da quanto precede correttamente la sentenza appellata è addivenuta alla conclusione che “i documenti richiesti non rientrano in alcuna delle categorie sottraibili all’accesso, con la conseguenza che il regolamento dell’Azienda “per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi”, laddove, all’art. 2, comma 1, lett. a), sia interpretabile nel senso che i documenti relativi “al trattamento economico”, espressamente sottratti all’accesso, comprendano anche quelli relativi a fondo incentivante e straordinario, sarebbe comunque da considerare illegittimo, e quindi da disapplicare”, alla stregua dei principi generali sulla gerarchia delle fonti, che vogliono che qualora una fonte regolamentare si ponga in contrasto con i principi enunciati dalla L. n. 241/90 e dal suo regolamento attuativo (da ultimo approvato con D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184), essa deve essere disapplicata, per dare preminenza a quella legislativa, di livello superiore.
Peraltro, al riguardo rileva il comma 7 del citato art. 24, il quale dispone che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”, e a dimostrazione del fatto che non vi è una sfera considerata di assoluta riservatezza lo stesso comma 7 aggiunge che l accesso, sebbene solo “nei limiti in cui sia strettamente indispensabile”, è consentito anche “nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari”, e finanche “in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”, in quest’ultimo caso “nei termini previsti dall articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”, ai sensi del quale “quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”.
Tutto ciò è correttamente affermato dalla sentenza appellata, nella quale si mette in ulteriore rilievo “che l’art. 59 del medesimo D. Lgs.vo 196/2003, relativo proprio all’”accesso a documenti amministrativi”, dispone che “fatto salvo quanto previsto dall articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico”.
Dalle considerazioni che precedono, assorbiti tutti gli altri motivi di appello, discende che quest’ultimo va respinto e va confermata la sentenza appellata.
Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza nella misura di Euro 4.000,00.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per
Spese dei due gradi di giudizio a carico della parte soccombente nella misura di Euro 4.000,00.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall Autorità Amministrativa.
Così deciso in Palermo il 29 novembre 2006 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Francesco Teresi, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria
il 4 luglio 2007