CODICE DISCIPLINARE
Di Italo Meoli (Avvocato)
1. Necessità della predeterminazione del "codice disciplinare" aziendale.
Secondo la giurisprudenza prevalente, l esercizio del potere disciplinare è subordinato anzitutto alla predisposizione del codice disciplinare, ovverosia del codice in cui sono indicate le norme procedurali e sostanziali di cui il datore di lavoro intende avvalersi per reprimere i comportamenti dei lavoratori contrari alla disciplina aziendale[1].
2. Predisposizione e contenuto del codice disciplinare aziendale.
Il codice disciplinare aziendale può essere predisposto sia attraverso un rinvio a quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale o da quello integrativo aziendale, sia unilateralmente dal datore di lavoro; l elaborazione del "codice" da parte del datore è necessaria qualora i predetti contratti non esistano ovvero non dispongano (o non dispongano sufficientemente) in materia[2].
Sia in un caso che nell altro, il codice disciplinare - per legittimare l esercizio del relativo potere da parte del datore - deve descrivere chiaramente i comportamenti che danno luogo all applicazione di sanzioni disciplinari, sia pure dandone una nozione schematica e non dettagliata e le corrispondenti sanzioni, sia pure in maniera ampia e suscettibile di adattamento secondo le effettive e concrete inadempienze poste in essere dai lavoratori[3].
Se, invece, il codice disciplinare - sia esso costituito dalle norme del contratto collettivo, sia elaborato unilateralmente dal datore di lavoro - sia caratterizzato da estrema genericità o, comunque, non renda chiara la mancanza e/o quali siano le sanzioni correlativamente applicabili, i provvedimenti disciplinari irrogati al dipendente sulla base di tale codice debbono considerarsi nulli[4].
Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella medesima azienda non può trovare applicazione più di un "codice disciplinare". Conseguentemente, nel caso in cui in azienda siano contemporaneamente applicati più contratti collettivi, ciascuno con le proprie norme disciplinari, queste ultime debbono essere poste dal datore di lavoro con suo atto unilaterale, limitato - quanto al suo contenuto - dall art. 2106 c.c. (criterio di proporzionalità) e specificamente dalle pattuizioni contrattuali esistenti nell ambito aziendale (in pratica, che il datore di lavoro dovrà provvedere, in presenza di disposizioni contrattuali plurime, alla formulazione di una sorta di "Testo Unico" in materia disciplinare)[5].
3. Necessità dell affissione del codice disciplinare.
E pacifico che la mancata pubblicità del codice disciplinare aziendale, nei modi indicati dall art. 7 della legge n. 300/70 (affissione in luogo accessibile a tutti i lavoratori), preclude l esercizio del potere disciplinare e determina la nullità della sanzione applicata[6].
Al riguardo, la prevalente giurisprudenza ritiene che l obbligo di far conoscere ai dipendenti il codice disciplinare, mediante l affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti, sussiste non solo quando il predetto codice sia frutto di unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma anche quando esso consista nella mera recezione delle norme contrattuali collettive ovvero nella fissazione di regole accessorie e integrative rispetto a quelle poste dalla normativa disciplinare collettiva[7].
Infine, secondo l orientamento della giurisprudenza, l obbligo di affissione non sussiste nei casi in cui le infrazioni e le corrispondenti sanzioni (compreso il licenziamento) siano previste dalla legge[8]; ovvero quando si tratti di "comportamenti del lavoratore che la coscienza sociale considera lesivi delle regole fondamentali del vivere civile"[9].
4. Esclusione di sistemi "equipollenti" di pubblicità del codice disciplinare
Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, l affissione del "codice disciplinare", costituendo un presupposto necessario per l esercizio del potere disciplinare, non può essere sostituita da altri mezzi di conoscenza del codice stesso[10].
Ne consegue che, secondo il prevalente, ma assai contrastato orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi inammissibile qualunque forma equipollente di pubblicità, quale, ad esempio, la distribuzione ai dipendenti della copia del contratto collettivo contenente il codice disciplinare ovvero la messa a disposizione del contratto stesso presso gli uffici aziendali o presso i locali della r.s.a.[11].
5. Esclusione di oneri ulteriori rispetto all affissione.
Secondo l orientamento della giurisprudenza di merito, il datore di lavoro, una volta che abbia provveduto all affissione del codice disciplinare, non è tenuto a compiere altre attività idonee a consentire la conoscibilità della normativa disciplinare, neppure nel caso in cui tra i dipendenti vi siano degli analfabeti[12].
Sulla base di tali premesse,
6. Luogo dell affissione.
Il "codice disciplinare" deve essere affisso nei luoghi di comune e più frequente passaggio e, comunque, negli ambienti dove risulti maggiormente agevole una effettiva presa di conoscenza da parte dei lavoratori.
Sulla base di tale principio, sono stati giudicati inidonei, ai fini del soddisfacimento dell obbligo di affissione del "codice disciplinare", una sede o uno stabilimento diversi da quello cui è addetto il lavoratore[14], un locale adibito a portineria e a guardiola per le guardie giurate incaricate della sorveglianza dell ingresso[15], la parete posta dietro una scrivania dell’ufficio del personale[16].
L obbligo di affissione è stato, invece, ritenuto soddisfatto con l affissione del codice disciplinare presso l ingresso riservato ad una sola categoria di lavoratori[17].
La scelta del luogo dove affiggere il "codice disciplinare" può presentare difficoltà soprattutto in relazione alle ipotesi in cui i dipendenti lavorino - tutti o parte di essi - fuori da una sede stabile di lavoro ovvero distribuiti in più sedi.
Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare:
- in relazione ai propagandisti ed informatori medico-scientifici, che il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza di tutti i dipendenti il codice disciplinare - oltre che con l affissione nella sede dell impresa - anche con modalità di consegna personale[18];
- in relazione a lavoratori distribuiti in più sedi, che non è sufficiente l esposizione del codice disciplinare presso la sede centrale dell impresa dovendo invece ritenersi necessaria l affissione dello stesso anche nelle altre sedi di lavoro, a nulla rilevando che queste siano dislocate in edifici contigui a quello della sede centrale[19].
7. Continuità nel tempo dell affissione.
Secondo il più recente orientamento accolto dalla Corte di Cassazione, l obbligo di pubblicazione del codice disciplinare mediante affissione, deve risultare soddisfatto - ai fini dell accertamento della legittimità della sanzione irrogata - non solo alla data dell infrazione, ma in tutto l arco di tempo che va da tale data fino al momento in cui il datore di lavoro procede alla contestazione degli addebiti e all irrogazione della sanzione disciplinare[20].
L onere di provare l avvenuta e ininterrotta affissione del codice disciplinare spetta al datore di lavoro[21], salvo il caso in cui tale mancanza non sia stata eccepita dal lavoratore[22].
[1] App. Milano 8 gennaio 1974, in Dir. lav., 1974, II, 331; Trib. Milano 29 aprile 1975, in Or. giur. lav., 1975, 974.
[2] Cass. 19 marzo 1988, n. 2525, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 1° giugno 1984, n. 3322, in Riv. giur. lav. 1985, II, 195.
[3] Cass. 4 novembre 1988, n. 5974, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 19 marzo 1988, n. 2525, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 17 febbraio 1988, n. 1703, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 15 gennaio 1987, n. 278, in Or. giur. lav. 1987, 20; Cass. 18 luglio 1985, n. 4247, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 24 maggio 1985, n. 3157, in Mass. giur. lav. 1985, 398; Trib. Milano 24 settembre 1988, in Or. giur. lav., 1988, 1112; Pret. Milano 9 febbraio 1988, in Riv. it. dir. lav., 1988, II, 1030; Pret. Parma 4 marzo 1986, in Riv. it. dir. lav., 1987, II, 142. Un orientamento, per certi versi, più restrittivo, richiede che il codice disciplinare contenga la specifica predeterminazione delle sanzioni irrogabili per ogni singola infrazione: Cass. S.U. 24 maggio 1985, n. 3157, in Or. giur. lav., 1987, 20; Cass. 16 novembre 1985, n. 5646, in Mass. giur. lav., 1986, 357. Per Cass. 16 novembre 1985, n. 5446, in Foro it. Rep., 1985; Pret. Parma 24 luglio 1986, in Lav. 80, 1986, 1156; Pret. Milano 27 maggio 1986, in Lav. 80, 1986, 763, il codice disciplinare deve essere formulato in modo da escludere valutazioni discrezionali del datore in ordine alla gravità dell infrazione commessa. Vedi anche Trib. Milano 20 aprile 1991, in Or. giur. lav., 1991, 270, che esclude la tassatività dell elenco delle riduzioni previste nel codice disciplinare.
[4] Pret. Firenze 22 novembre 1984, in Riv. giur lav. 1985, II, 196; Pret. Viterbo 4 marzo 1980, in Giur. merito, 1980, I, 1040.
[5] Cass. S.U. 16 dicembre 1987, n. 9302, in Or. giur. lav., 1988, 549.
[6] Cass. S.U. 5 febbraio 1988, n. 1208, in Giust. civ., 1988, I, 2022; Cass. 1° giugno 1984, n. 3322, in Riv. giur. lav. 1985, II, 195; Trib. Milano 14 novembre 1984, in Lav. 80, 1985, 192; Trib. Milano 18 giugno 1983, in Lav. 80, 1983, 1009; Pret. Sessa Aurunca 22 giugno 1983, in Lav. 80, 1983, 1051.
[7] Cass. 19 marzo 1988, n. 2525, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 3 giugno 1986, n. 3721, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 1° giugno 1984, n. 3322, in Riv. giur. lav., 1985, II, 195; Pret. Trieste 14 maggio 1982, in Lav. 80, 1982, 696. Contra, però, Pret. Livorno 1° febbraio 1986, in Giur. merito, 1986, 793; Pret. Nocera Inferiore 9 aprile 1985, in Not. giur. lav., 1985, 681.
[8] Cass. 15 novembre 1993, n. 11242, in Not. giur. lav., 1994, 204; Cass. 22 aprile 1993, n. 4728, in Not. giur. lav., 1993, 608; Cass. 4 febbraio 1992, n. 1165, in Not. giur. lav., 1992, 533; Cass. 11 maggio 1987, n. 4345, in Giust. civ., 1987, I, 2540; Trib. Firenze 20 marzo 1987, in Riv. it. dir. lav., 1987, II, 175; Pret. Genova 10 febbraio 1986, in Dir. prat. lav., 1986, 959; Pret. Milano 10 luglio 1985, in Lav. 80, 1985, 1258.
[9] Cass. 17 novembre 1994, n. 9719, in Dir. prat. lav., 1995, 639; Pret. Milano 1° marzo 1994, in Or. giur. lav., 1994, 117. Vedi anche Cass. 26 febbraio 1994, n. 1974, in Dir. prat. lav., 1994, 1659 e Pret. Milano 18 dicembre 1993, in Or. giur. lav., 1994, 115.
[10] Cass. S.U. 5 febbraio 1988, n. 1208, in Giust. civ., 1988, I, 2022; Cass. 4 novembre 1988, n. 5974, in Riv. it. dir. lav., 1990, II, 214; Cass. 19 febbraio 1987, n. 1800, in Giur. it., 1987, I, 1976; Cass. 20 gennaio 1987, n. 474, in Riv. giur. lav. 1987, II, 75; Cass. 19 settembre 1986, n. 5695, in Foro it. Rep., 1986.
[11] Cass. 18 maggio 1989, n. 2366, in Dir. prat. lav., 1989, 1718; Cass. 3 febbraio 1989, n. 698, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 3 febbraio 1989, n. 692, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 19 settembre 1986, n. 5695, in Foro it. Rep., 1986; Trib. Milano 20 settembre 1980, Or. giur. lav., 1980, 719; Pret. Milano 11 marzo 1991, in Or. giur. lav., 1991, 424; Pret. Milano 17 dicembre 1986, in Lav. 80, 1987, 549; Pret. Milano 18 novembre 1986, in Lav. 80, 1987, 251; Pret. Milano 10 ottobre 1986, Lav. 80, 1987, 251; Pret. Salerno 25 marzo 1985, in Lav. prev. oggi, 1985, 1338; Pret. Trieste 27 ottobre 1984, in Lav. 80, 1985, 968; Pret. Bisceglie 14 ottobre 1981, in Giur. merito, 1982, I, 834; Pret. Parma 23 gennaio 1981, in Foro it., 1981, I, 2220. Contra, Cass. 7 febbraio 1987, n. 1314, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 3 giugno 1986, n. 3721, in Giust. civ., 1986, I, 2089; Cass. 28 marzo 1986, n. 2228, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 13 febbraio 1985, n. 1249, in Giur. it. 1986, I, 114; Trib. Milano 20 aprile 1991, in Or. giur. lav., 1991, 425; Trib. Bologna 5 marzo 1988, Lav. 80, 1988, 1070; Trib. Milano 5 marzo 1988, in Dir. prat. lav., 1988, 2561; Pret. Torino 13 luglio 1987, in Giur. piem. 1988, 647; Pret. Correggio 11 aprile 1986, in Or. giur. lav., 1986, 942; Pret. Brescia 7 giugno 1984, in Or. giur. lav. 1984, 1189. Pret. Racconigi 22 marzo 1984, in Giur. piem., 1985, 87.
[12] Pret. Milano 16 febbraio 1988, in Or. giur. lav., 1988, 553. Pret. Milano 21 marzo 1985, in Lav. 80, 1985, 545 ha, però, ritenuto che il datore di lavoro avesse l obbligo di comunicare ai dipendenti assenti dal servizio eventuali nuovi obblighi sanzionati disciplinarmente che siano intervenuti durante la loro assenza (fattispecie di dipendente assente per malattia che non era venuto a conoscenza del nuovo obbligo di rispetto delle fasce orarie di reperibilità, disciplinato dal contratto collettivo, non avendo potuto prendere visione del codice disciplinare affisso, nè ricevere tempestivamente la copia del contratto collettivo consegnato ai lavoratori contestualmente alla busta paga mensile).
[13] Cass. 3 giugno 1986, n. 3721, in Foro it. Rep., 1986; contra, App. Milano 29 novembre 1974, in Riv. dir. lav., 1974, II, 592.
[14] Pret. Milano 20 ottobre 1981, in Lav. 80, 1982, 121.
[15] Pret. Milano 7 febbraio 1979, in Or. giur. lav. 1979, 497.
[16] Pret. Milano 31 maggio 1994, in Or. giur. lav., 1994, 348.
[17] Pret. Alessandria 16 ottobre 1974, in Or. giur. lav. 1975, 138.
[18] Pret. Milano 23 gennaio 1976, in Or. giur. lav. 1976, 342.
[19] Trib. Milano 12 novembre 1975, in Or. giur. lav. 1976, 200.
[20] Cass. 19 febbraio 1987, n. 1800, in Giur. it., 1987, I, 1976; Cass. 18 luglio 1985, n. 4245, in Riv. it. dir. lav. 1986, II, 591; Cass. 1° giugno 1984, n. 3322, in Riv. giur. lav., 1985, II, 395; Pret. Milano 23 maggio 1986, in Lav. 80, 1986, 1154; Pret. Roma 9 maggio 1986, in Dir. prat. lav. 1986, 3207; contra, Pret. Torino 9 maggio 1987, in Giur. piem., 1987, 723 ha ritenuto soddisfatto l obbligo di affissione del codice in relazione ad una fattispecie in cui esso, affisso per un anno e mezzo dopo l assunzione del lavoratore, era stato temporaneamente rimosso per consentire l effettuazione di lavori di ristrutturazione.
[21] Cass. 19 febbraio 1987, n. 1800, in Giur. it., 1987, I, 1976.
[22] Cass. 21 dicembre 1991, n. 13829, in Giust. civ., 1992, I, 3083.