MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO
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L’ESERCIZIO DI FATTO DI MANSIONI DIVERSE DA QUELLE DELLA QUALIFICA DI APPARTENENZA NON HA EFFETTO AI FINI DELL INQUADRAMENTO DEL LAVORATORE
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Il dipendente presso amministrazioni pubbliche non può per attività negoziale o anche solo per una situazione di facere o pati del datore di lavoro che agevoli o rimanga inerte rispetto all esercizio di mansioni superiori, progredire da una categoria professionale ad un altra
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DIRITTO AL TRATTAMENTO ECONOMICO CORRISPONDENTE ALLE MANSIONI SUPERIORI SVOLTE - ONERE DI ALLEGAZIONE (E PROVA) – ONERE DI CONTESTARE IL FATTO ALLEGATO NELLA PRIMA DIFESA UTILE – PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE
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[Tribunale di Nola, Giudice del Lavoro, Dott.ssa Monica Galante, sentenza del 21.12.2006]
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TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE DEL LAVORO
[ Giudizio N. 5144/2005 R.G. – Oggetto: mansioni superiori nel pubblico impiego]
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MOTIVAZIONE CONTESTUALE
da allegare al verbale di udienza del 21.12.2006
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Con ricorso del 20.07.2005, la ricorrente - premesso di avere svolto sin dal 01.10.1988 mansioni di assistente amministrativo (ex VI livello, oggi categoria C), nonostante l’inquadramento nella figura di coadiutore amministrativo (ex IV livello, oggi categoria B) - ha domandato la declaratoria del diritto all’inquadramento nella categoria superiore C, con condanna generica della XXXX convenuta al pagamento delle differenze retributive.
In particolare, la ricorrente ha precisato di essere sempre stata assegnata agli Uffici di Segreteria della Presidenza, in qualità di responsabile di tutte le attività amministrative, con compiti di contabilizzazione, utilizzo del computer e archiviazione.
Sentita a libero interrogatorio, l’istante ha poi precisato di essere stata assunta in data 01.09.1888 come coadiutore amministrativo; di avere lavorato presso la Segreteria della Presidenza dell’XXXX-A; di essersi occupata di “fissare gli appuntamenti, scrivere lettere dietro dettatura del Presidente, smistare la posta, rispondere al telefono per fissare appuntamenti”. Ha, inoltre, dichiarato di essere stata trasferita su sua domanda all’XXXX-B di *** e di avere ivi lavorato sino al 1995, occupandosi delle “pratiche relative alle richieste ex L. 12/1985 per autorizzazioni e rimborsi spese mediche”. Ha, poi, aggiunto che successivamente e sino al 2000 è stata trasferita presso la sede sita nella via …….., unitamente al Direttore Generale ed al Capo Servizio Affari e di avere assistito questi ultimi, svolgendo gli stessi compiti di segretaria prima citati; successivamente al 2000 è stata, poi, trasferita a *** all’Ufficio Invalidi civili ove si è occupata (e si occupa tuttora) delle pratiche della legge 104/1992, nel senso che “ricevo la pratica presentata dall’assistito, protocollo l’istanza, organizzo una Commissione integrata con lo specialista … sono presente durante le operazioni della Commissione e do assistenza alla Commissione (ad es. se ha bisogno di acquisire documentazione sanitaria custodita negli archivi), inoltre ricevo dagli assistiti tutta la documentazione necessaria per la valutazione delle istanze. All’esito delle operazioni della Commissione, suddivido le pratiche in base ai provvedimenti adottati (cioè se rinviate o definite). Mi occupo inoltre delle richieste di iscrizione ex L. 68/99 per il collocamento obbligatorio e svolgo la stessa attività indicata per le istanze ex L. 104/92. Inoltre provvedo a consegnare al Collocamento anche le istanze depositate. Inoltre, do informazioni al pubblico relativamente alle pratiche ex legge 104 e 68 prima indicate e per la invalidità civile. Uso il computer per l’archiviazione delle pratiche da circa 2 mesi”.
L’XXXX , costituitasi tempestivamente, ha eccepito il difetto di giurisdizione, l’inammissibilità della domanda per decorrenza dei termini di cui all’art. 69, comma 7, D.Lgs. 165/2001, il difetto di legittimazione passiva nonché l’infondatezza della domanda, anche per prescrizione parziale dei crediti.
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Ciò premesso, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per la domanda relativa al rapporto di lavoro alle dipendenze della resistente sino al 30.06.1998.
In particolare, è noto che, in base all’art. 69, VII comma, D.Lgs. 165/2001, “sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30.6.98. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000”.
In base al contenuto delle recenti sentenze della Corte di Cassazione, cui questo giudice ritiene di aderire, il discrimine temporale per l’individuazione della giurisdizione ordinaria e amministrativa viene individuata in base non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze così come posto a base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia (cfr. Cass. civ. Ord., Sez. Unite, 10/02/2006, n. 2883; Cass. S.U. 3228/2004; 1323/00; 1154/00; 41/00; 808/99).
In tal modo, il momento di insorgenza della questione va individuato di volta in volta in relazione alla natura della controversia, avendo riguardo al periodo del rapporto lavorativo oggetto della controversia (vd in tal senso: Tar Calabria, Reggio Calabria, n. 136/99; ord. Pret. Catanzaro 27 agosto 1998; Tar Liguria, n. 76/99) o al momento in cui i fatti costitutivi e/o lesivi del diritto azionato vengono a realizzarsi e sorge, quindi, l’interesse ad agire (vd. Trib. Locri, nn. 1615/2001; 1200/2001 e 1415/2001; Tar Sicilia – Catania, sez. III, 22 ottobre 1999 n. 2104; Tar Calabria, Catanzaro, 7 luglio 1999, n. 912) o alla data di adozione dell’atto amministrativo (ex plurimis ord. Cons. St., sez. V, 14 dicembre 1999 n. 2593).
Alla luce di tali rilievi, va rilevato che, nel caso in esame, parte dei fatti materiali e delle circostanze, poste a fondamento della pretesa avanzata, sono sorti anteriormente alla data del 30.06.1998, atteso che le dedotte mansioni superiori sono state esercitate a decorrere dal 1988.
Né è possibile ritenere che con la formulazione dell’art. 69 citato, a differenza di quanto poteva essere interpretato in base alla precedente formulazione contenuta nell’art. 45 del DL 80/98, in tutti i casi in cui la domanda giudiziaria sia presentata successivamente al 15 settembre 2000 sia possibile adire il giudice ordinario.
Una siffatta interpretazione porterebbe a ritenere sussistenti due diversi criteri per l’attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario: il primo, sostanziale, afferente l’insorgenza della questione giuridica (successiva al 30.06.98) ed il secondo, processuale, relativo al momento della presentazione della domanda giudiziaria (successiva al 15.09.00).
Per altro aspetto, inoltre, dovrebbe considerarsi inutile la “sanzione” della decadenza, in caso di omessa presentazione di domanda giudiziale innanzi al giudice amministrativo entro il 15 settembre 2000, atteso che, comunque, sarebbe esperibile il ricorso giudiziario innanzi al giudice ordinario.
Tali incongruenze inducono a preferire la tesi della verifica della giurisdizione del giudice ordinario in base al solo aspetto sostanziale e non anche a quello processuale di presentazione della domanda.
Quanto, poi, al termine del 15.09.2000 previsto da tali disposizioni, va precisato che esso non ha natura di termine processuale, diretto a determinare l’ambito temporale della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia in esame e, dunque, a stabilire il limite alla persistenza della giurisdizione suddetta, ma costituisce, piuttosto, un termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale (Cass. civ., Sez. Unite, 21/06/2005, n. 13290; Cass. civ., Sez. Unite, 03/11/2005, n. 21289; Cass. civ., Sez. Unite, 17/11/2005, n. 23236).
Del resto, va rilevato che le controversie relative al periodo del rapporto antecedente al 30.06.1998 e non proposte avanti il G.A. entro il 15.09.2000 sono, puramente e semplicemente, ignorate dal legislatore del 2001. Ciò per la semplice ragione che, nel momento in cui veniva emanato il d.lgs. 165 quella categoria di controversie non era più ipotizzabile proprio essendo ormai decorso il termine imposto dal d.lgs. n. 80 del 1998 a pena di decadenza per la loro instaurazione. Nel 2001, infatti, potevano esistere (e, quindi, potevano essere oggetto di normazione) solamente le controversie relative al periodo post 30.06.1998 ovvero controversie relative a questioni ante 30.06.1998, ma già pendenti davanti ai giudici amministrativi. In realtà il legislatore del 2001, nel precisare che le controversie relative alle questioni attinenti al periodo precedente al luglio 1998 restano di competenza del giudice amministrativo <solo> qualora siano state proposte entro il 15 settembre 2000, ha voluto semplicemente ribadire l’ormai intervenuta decadenza per tutti i casi in cui le controversie su simili questioni non siano state introdotte prima del 15 settembre 2000.
Alla luce delle precedenti argomentazioni, va, pertanto, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nella parte de qua.
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In riferimento alla domanda relativa al riconoscimento delle mansioni superiori per il periodo decorrente dal 01.07.1998, escluso che possa dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, essendo stata precisata la causa petendi anche in sede di libero interrogatorio della ricorrente, va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione sollevata tardivamente dall’XXXX nella memoria difensiva, depositata in un termine inferiore ai 10 giorni prima dell’udienza ex art. 416 c.p.c.
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Nel merito è opportuno ricordare che, nell ambito della c.d. contrattualizzazione o privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la materia dello svolgimento delle mansioni superiori è stata disciplinata, a seguito della novellazione del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 operata dal d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, dall art. 56 del primo di detti decreti, nel testo di cui all art. 25 del secondo decreto. Peraltro, il sesto comma è stato modificato dall art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387. Il conseguente tenore dell art. 56 citato è stato riprodotto dall art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (norme generali dell ordinamento del lavoro alle dipendenze della amministrazioni pubbliche).
L’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 dispone:
“1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive.
L esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell inquadramento del lavoratore o dell assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell assenza per ferie, per la durata dell assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore”.
L’ art. 28 del CCNL comparto Sanità 1998/2001 del 07.04.1999 ha, poi, stabilito in riferimento alle mansioni superiori:
“1. Il presente articolo completa la disciplina delle mansioni prevista dai commi 2, 3 e 4 dell art. 56 del d.lgs n. 29 del 1993 per la parte demandata alla contrattazione.
2. Nell ambito del nuovo sistema di classificazione del personale previsto dal presente contratto, si considerano “mansioni immediatamente superiori”:
a) all interno delle categorie B e D, le mansioni svolte dal dipendente di posizione iniziale nel corrispondente profilo del livello super secondo la declaratoria riportata nell allegato 1 del presente contratto;
b) all interno delle categorie A e C, le mansioni svolte dal dipendente nella posizione iniziale della categoria immediatamente superiore.
c) le mansioni svolte dal personale collocato nel livello Bs della categoria B, nel livello iniziale della categoria C.
3. Non sono mansioni immediatamente superiori quelle svolte in sostituzione di un dipendente appartenente alla medesima categoria ed allo stesso livello ma collocato in una fascia economica della progressione orizzontale superiore a quella di appartenenza.
4. Il conferimento delle mansioni superiori di cui al comma 2 avviene nei seguenti casi :
a) vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviatele procedure per la copertura del posto vacante;
b) sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell assenza per ferie, per la durata dell assenza.
5. Il conferimento delle mansioni immediatamente superiori di cui al comma 2 è comunicato per iscritto al dipendente incaricato mediante le procedure stabilite da ciascuna amministrazione secondo i propri ordinamenti, sulla base di criteri, da definire entro tre mesi dall entrata in vigore del presente contratto, previa consultazione dei soggetti di cui all art. 9, comma 2, che tengano conto del contenuto professionale delle mansioni da conferire. La disciplina delle mansioni superiori come integrata dal presente articolo entra pertanto in vigore dalla data di definizione dei predetti criteri.
6. Il dipendente assegnato alle mansioni superiori indicate nel comma 2 ha diritto alla differenza tra i trattamenti economici iniziali previsti per la posizione rivestita e quella corrispondente alle relative mansioni nella tabella 9 e 9 bis, fermo rimanendo quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità, di fascia retributiva nella propria posizione nonché di indennità specifica professionale ove spettante per il profilo ma non prevista per la posizione superiore. Ove questa sia prevista, il relativo importo è assorbito per la durata delle mansioni dall indennità attribuita al profilo di riferimento.
7. Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina dell art. 56 del d.lgs. 29/1993”.
La normativa in esame ha, dunque, riconfermato anche nell ambito nel nuovo regime del lavoro dei pubblici dipendenti il principio secondo cui l’esercizio di fatto di mansioni diverse da quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell inquadramento del lavoratore: si tratta di una regola risalente e costante, già vigente nell impiego pubblico, che può essere superata, per espressa previsione legislativa, solo dalla normativa contrattuale (cfr. Cass. civ., Sez. lavoro, 25/10/2003, n. 16078). In altri termini, si è sempre opinato che il carattere formale dell organizzazione dell amministrazione pubblica, posto a tutela di interessi pubblici indisponibili, non consenta, in sintonia con i valori di imparzialità e di buon andamento enunciati dall art. 97 Cost., il riconoscimento di pretese dei dipendenti che non si basino o su atti normativi o su atti adottati dagli organi responsabili della gestione; d’altra parte, si è temuto che la regola della promozione automatica, ove accolta, avrebbe potuto determinare effetti assolutamente incompatibili con gli interessi della P.A., tra i quali quello della stabilità della pianta organica e della certezza organizzativo-burocratica e finanziaria. L’ius singulare si giustifica con riferimento a varie finalità ed esigenze, peculiari del lavoro pubblico, quali la regola, di rango costituzionale, del concorso, il controllo della spesa pubblica, la salvaguardia della stabilità di un’organizzazione predefinita.
Quanto allo svolgimento di mansioni proprie di qualifiche superiori, l art. 52 citato contiene due diversi ordini di disposizioni.
In primo luogo, si indicano i casi in cui è legittima la temporanea assegnazione a mansioni superiori, con la precisa specificazione dei relativi presupposti e dei limiti temporali e la previsione del diritto del lavoratore al trattamento previsto per la qualifica superiore, per il periodo di effettiva prestazione. In tutti i casi è necessaria la sussistenza di “obiettive esigenze di servizio”, cioè di ragioni verificabili e sindacabili inerenti l’organizzazione del lavoro, tali da rendere necessitato il mutamento in melius delle mansioni del lavoratore; le stesse andranno evidentemente esternate nell’atto di adibizione.
La norma tipizza due ipotesi che legittimano il mutamento di mansioni: la vacanza del posto in organico e la sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. Intanto, è il caso di sottolineare che, in ambedue le evenienze, il conferimento delle mansioni superiori deve avvenire “di diritto”, cioè sulla base di un atto formale di assegnazione proveniente dal dirigente dell’unità organizzativa interessata. Il Consiglio di Stato ha spiegato che tale requisito mira ad impedire che il singolo dipendente, di propria iniziativa o col consenso compiacente di altri organi incompetenti, possa assumere incarichi di livello superiore, aggirando le procedure selettive. In questo senso, si è ritenuto che il difetto di tale atto formale non sia sanabile attraverso un atto ricognitivo dell’organo competente che attesti, ex post, l’effettivo svolgimento delle mansioni.
Andando a valutare le singole ipotesi, nella prima evenienza di cui alla lettera a) del comma 2 è delimitato lo spazio temporale in cui è possibile tale copertura straordinaria in sei mesi, prorogabili fino a dodici in caso di attivazione delle ordinarie procedure di copertura; infatti, il successivo quarto comma impone all’Amministrazione di procedere entro novanta giorni dall’assegnazione provvisoria all’avvio delle procedure necessarie per la provvista di personale. Quindi, il superamento del termine semestrale, senza avvio dei concorsi, comporta l’improrogabilità dell’assegnazione a mansioni superiori; lo sforamento del termine di novanta giorni non sembra, invece, accompagnato da alcun precipuo effetto per l’amministrazione.
Quanto alla seconda ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2, con espressione mutuata dall’art. 2103 cit., la necessità di sostituzione di un collega assente con diritto alla conservazione del posto giustifica l’ius variandi; è esclusa l’ipotesi delle ferie, durante le quali dunque non si può legittimamente provvedere alla sostituzione con lavoratore di grado inferiore.
Quanto, poi, all ipotesi dell assegnazione a mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori delle ipotesi previste dalle precedenti disposizioni, è stabilita, da un lato, la nullità di detta assegnazione e, dall altro, il diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore (comma 5^). In quest ultima disposizione, l espressione “qualifica superiore” ha valore generico e omnicomprensivo e non può ritenersi equivalente alla dizione “qualifica immediatamente superiore”, utilizzata dal secondo comma nel delineare i presupposti dell assegnazione legittima a mansioni superiori. Una diversa conclusione non è giustificata nè dalla lettera della disposizione in esame, nè dalla sua ratio, che è quella di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all art. 36 Cost. (Cass. 14944/2004); pertanto, può essere riconosciuto il trattamento economico (e non anche l’inquadramento) per ogni mansione corrispondente alla qualifica superiore, anche se non coincidente con la qualifica “immediatamente” superiore.
L eventuale riconoscimento del diritto dei dipendenti all inquadramento in livelli superiori, in seguito allo svolgimento delle corrispondenti mansioni, quindi, sussiste solo ove queste ultime appartengano a qualifica funzionale immediatamente più elevata di quella dagli stessi rivestita, essendo la capacità professionale per le superiori mansioni presuntivamente riconosciuta al dipendente di fascia funzionale immediatamente inferiore in base alla comune regola d esperienza che il titolare di una determinata qualifica sia, di norma, in possesso di sufficiente preparazione tecnica per svolgere compiti propri della qualifica immediatamente superiore. Nel caso di svolgimento “per saltum” di mansioni superiori, è, invece, escluso l inquadramento “per saltum” cioè non del livello immediatamente superiore a quello di inquadramento (T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 10/07/2001, n. 1065; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 25/01/2005, n. 63; Cons. Stato, Sez. IV, 26/06/2002, n. 3539).
Va, peraltro, precisato che, a mente del comma 3° dell’art. 52, costituisce esercizio di mansioni superiori solo l’attribuzione in “modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti” propri di dette mansioni superiori. Dunque, anche in difetto della prevalenza per uno solo dei predetti aspetti, non vi sarà titolo per le differenze retributive.
Inoltre, lo svolgimento di mansioni superiori, ai sensi del 6° comma, dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001, non può comportare in nessun caso il diritto ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore sino alla data di entrata in vigore del c.c.n.l. che disciplina i nuovi inquadramenti professionali: nella specie sino al 08.04.1999, pari al giorno successivo alla stipulazione del CCNL da cui decorrono gli effetti giuridici ai sensi dell’art. 2 CCNL citato.
Deve a questo punto osservarsi che, ai fini del passaggio del dipendente dell’XXXX da una categoria all’altra superiore, occorre, in base al CCNL, l’indizione di una progressione interna da parte della resistente nei limiti dei posti disponibili nella dotazione organica di ciascuna categoria e dei relativi profili, mediante: a) passaggi da una categoria all altra immediatamente superiore; b) passaggi all interno delle categorie B e D; c) passaggi nell ambito della stessa categoria tra profili diversi dello stesso livello (art. 15 CCNL).
Nel concreto, l’art. 16 CCNL Comparto Sanità, nel definire i criteri e le procedure per i passaggi tra categorie, prevede:
“1. I passaggi dei dipendenti da una categoria all altra immediatamente superiore avvengono previo superamento di una selezione interna aperta alla partecipazione dei dipendenti in
possesso dei requisiti culturali e professionali previsti per l accesso al profilo cui si riferisce la selezione.
2. La selezione del comma 1 è basata su:
a) verifica della professionalità richiesta dal profilo superiore attraverso la valutazione in apposita prova teorico-pratica e/o colloquio volti ad accertare il possesso delle capacità professionali acquisite anche attraverso percorsi formativi;
b) valutazione comparata dei curricula ove, comunque, prendere in considerazione:
* titoli di studio, diplomi di specializzazione o perfezionamento, certificato di abilitazioni a funzioni direttive, diploma di scuola diretta ai fini speciali nell assistenza infermieristica etc., purché non siano utilizzati come requisito di ammissione;
* corsi di formazione, anche esterni all azienda, qualificati quanto alla durata e alla previsione di esame finale;
* qualificati corsi di aggiornamento professionale;
* pubblicazioni e titoli vari tra i quali relazioni finali di ricerche o studi affidati dall azienda o ente;
3. Gli elementi di valutazione del comma 2 sono tra loro diversamente combinati e ponderati in relazione alle peculiarità professionali che caratterizzano le categorie ed i profili cui si riferiscono le selezioni.
4. Le procedure relative alle modalità di svolgimento delle selezioni del comma 1 sono preventivamente individuate dalle aziende o enti con atti regolamentari improntati a principi di imparzialità, trasparenza, tempestività, economicità e celerità di espletamento ai sensi di quanto previsto dall art. 36, comma 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le parti, al fine di fornire alle aziende ed enti linee guida uniformi sulle procedure, rinviano all allegato 2 al presente contratto”.
Dunque, il dipendente presso amministrazioni pubbliche non può per attività negoziale o anche solo per una situazione di facere o pati del datore di lavoro che agevoli o rimanga inerte rispetto all esercizio di mansioni superiori, progredire da una categoria professionale ad un altra.
La resa ad un maggior livello di professionalità delle prestazioni lavorative consente in modo sostanzialmente negoziale, ma da accertare secondo quanto prevede la contrattazione decentrata e la metodologia di valutazione permanente, l accesso ad un livello retributivo più elevato, però sempre nell ambito della categoria di appartenenza. Solo la progressione verticale, allora, consente il passaggio alla categoria superiore. Ma la progressione non può essere considerata strumento per la crescita professionale “mirata” di uno o anche più dipendenti previamente individuati, nel senso che non è possibile utilizzare la progressione verticale come sistema per far assurgere il singolo dipendente alla categoria superiore.
Infatti, la progressione verticale si presenta come strumento di selezione di personale già impiegato presso l ente, purchè ricorrano le seguenti condizioni:
1) la concertazione sui criteri generali per l espletamento delle progressioni verticali;
2) la regolamentazione interna delle procedure e dei requisiti, che tenga conto delle risultanze delle procedure concertative;
3) l’effettuazione della ricognizione delle potenzialità professionali dei dipendenti dell ente;
4) l’esistenza nell ambito dell ente di dipendenti che, pur impiegati in mansioni non connesse a quelle cui possono assurgere a seguito della progressione, dispongano, comunque, delle potenzialità necessarie, valutate in base al titolo di studio, ai crediti formativi, alle valutazioni ottenute;
5) l’effettuazione della programmazione triennale delle assunzioni;
6) la previsione in detta programmazione della copertura di posti vacanti della dotazione organica anziché mediante concorso pubblico, attraverso progressione verticale (essendo esclusa la possibilità che il 100% dei posti vacanti sia ricoperto mediante concorsi interni).
Pertanto, non appare possibile “creare” un percorso di progressione verticale apposito per soddisfare legittime aspirazioni di carriera. Né la progressione verticale può essere considerata atto di gestione del rapporto di lavoro già in corso. Infatti, l esito finale consiste in un inquadramento contrattuale diverso rispetto a quello posseduto in precedenza e nell assegnazione di mansioni e responsabilità a loro volta differenti, in totale discontinuità con la precedente vicenda lavorativa e contrattuale.
Alla luce di tali considerazioni, escluso che nel caso di specie sia stata effettuata una progressione verticale da parte dell’azienda nei periodi oggetto di lite per il conseguimento della categoria immediatamente superiore, non può essere riconosciuto l’inquadramento preteso.
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Quanto alla domanda di corresponsione del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte, occorre riportare le declaratorie della categorie contenute nel contratto collettivo al fine di verificare se effettivamente sono state svolte mansioni superiori alla categoria assegnata.
Orbene, appartengono alla categoria B: “i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali nonché autonomia e responsabilità nell ambito di prescrizioni di massima; Appartengono altresì a questa categoria - nel livello B super (Bs) di cui alla tabella allegato 5 - i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che comportano il coordinamento di altri lavoratori ed assunzione di responsabilità del loro operato ovvero richiedono particolare specializzazione”.
Tra i profili professionali, il Coadiutore amministrativo “svolge nell unità operativa di assegnazione attività amministrative quali, ad esempio, la classificazione, la archiviazione ed il protocollo di atti, la compilazione di documenti e modulistica, con l applicazione di schemi predeterminati, operazioni semplici di natura contabile, anche con l ausilio del relativo macchinario, la stesura di testi mediante l utilizzo di sistemi di video-scrittura o dattilografia, la attività di sportello”.
Tra i requisiti culturali e professionali per l’accesso alla categoria B è poi richiesto, dall’interno, per il coadiutore amministrativo il diploma di istruzione secondaria di primo grado, unitamente - ove richiesti – ad attestati di qualifica. Ove non richiesti, ovvero in mancanza di essi o del titolo di studio, devono essere posseduti cinque anni di esperienza professionale nella categoria A.
Appartengono alla categoria C: “i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per l espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite e precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti”.
Tra i profili professionali del personale amministrativo, l’Assistente amministrativo “svolge mansioni amministrativo-contabili complesse - anche mediante l ausilio di apparecchi terminali meccanografici od elettronici o di altro macchinario - quali, ad esempio, ricezione e l istruttoria di documenti, compiti di segreteria, attività di informazione ai cittadini, collaborazione ad attività di programmazione, studio e ricerca”.
Tra i requisiti culturali e professionali per l’accesso alla categoria C è poi richiesto, dall’interno, per il profilo di assistente amministrativo, il possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado ovvero, in mancanza, il possesso del diploma di istruzione secondaria di 1° grado unitamente ad esperienza professionale di quattro anni maturata nel corrispondente profilo della categoria B per il personale proveniente dal livello super o di otto anni per il personale proveniente dalla categoria B, livello iniziale.
Nel caso concreto, a fronte delle allegazioni contenute in ricorso (e delle dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio dall’istante), l’XXXX non ha in alcun modo contestato il dedotto svolgimento da parte della ricorrente delle mansioni riconducibili in concreto alla figura di assistente amministrativo (categoria C), avendo solo eccepito, nel merito, l’insussistenza in organico di un posto vacante e di un preventivo atto formale. L’XXXX, dunque, non ha dedotto alcunché sulle mansioni di fatto espletate dalla ricorrente, anzi ha ammesso la esistenza di “certificazione dell’avvenuto svolgimento in via di fatto di funzioni superiori adottato successivamente ed in sede di mera ricognizione di fatti pregressi” (cfr. pag. 9 della memoria difensiva): in tal modo, la resistente ha reso non necessaria la prova invocata dall’istante sul punto, atteso che per il principio di non contestazione (Cass., S.U., 23.1.02, n. 761; Cass., S.U., 17.6.04, n. 11353) devono ritenersi definitivamente acquisiti i fatti costitutivi (non tempestivamente contestati).
In particolare, l onere di contestazione tempestiva è desumibile sia dagli artt. 166 e 416, cod. proc. civ. sia dall’intero sistema processuale come risulta: dal carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena; dal sistema di preclusioni, che comporta per entrambe le parti l onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; dai principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e, soprattutto, dal generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost.
Conseguentemente, ogni volta che sia posto a carico di una delle parti un onere di allegazione (e prova), l altra ha l onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto, potendo trattarsi di un fatto la cui esistenza incide sull andamento del processo e non sulla pretesa in esso azionata (Cass. civ., Sez. lavoro, 13/06/2005, n. 12636).
Considerato, dunque, che è indiscutibile che l’istante ha svolto mansioni riconducibili in concreto alla figura di assistente amministrativo (categoria C), a decorrere dal 01.07.1998, sia pur al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001 (non vi è allegazione né prova della necessità di sostituire un altro dipendente; quanto alla vacanza del posto in organico, deve ritenersi che lo svolgimento delle mansioni superiori ha, comunque, superato il termine massimo di 12 mesi) deriva la retribuibilità delle stesse. In applicazione del comma 5 dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001, al lavoratore deve quindi essere corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore: va, pertanto, riconosciuto il diritto della ricorrente al pagamento delle differenze retributive tra le retribuzioni spettanti per le mansioni svolte di assistente amministrativo (cat. C) e le retribuzioni percepite e calcolate in base alla qualifica rivestita dapprima di coadiutore amministrativo (cat. B), dal 01.07.1998 al 16.03.2003, e poi di coadiutore esperto (cat. BS ai sensi dell’art. 17 vigente CCNL) dal 17.03.2003 (cfr. sul punto, la nota allegata dall’XXXX a firma del Responsabile dell’Area Gestione Risorse Umane del 03.04.2006 n. prot. 2450/GRe, non contestata dalla ricorrente), oltre interessi legali dalle singole scadenze al soddisfo da portarsi in detrazione dell’eventuale maggior danno della rivalutazione monetaria; va condannata, per l’effetto, la convenuta XXXX al relativo pagamento.
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Per completezza, deve precisarsi che il sesto comma dell’art. 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come novellato dall’art. 25 del decreto legislativo 80/1998, prevedeva che “le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi con la decorrenza da questi stabilita (...). Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore.” Tuttavia, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 ha eliminato la parte della disposizione relativa alla (transitoria) esclusione del diritto a differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori e la Corte di Cassazione - con motivazioni condivise da questo giudice - con la sentenza 8 gennaio 2004 n. 91 ha precisato che a tale disposizione correttiva deve attribuirsi carattere interpretativo e retroattivo, considerata la sua incidenza su una norma transitoria e la sua ratio di eliminare una ragione di illegittimità costituzionale del precedente tenore della disposizione.
La portata retroattiva della disposizione risulta, peraltro, conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 57/1989, 296/1990, 236/1992, 101/1995, 115/2003, 229/2003; ordinanze n. 289/1996, n. 347/1996, 349/2001, 100/2002), che ha ritenuto l applicabilità anche nel pubblico impiego dell articolo 36 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali.
Ne consegue che l assoluta esclusione, da parte del nuovo art. 56, comma 6, del diritto a differenze di retribuzione nel caso di svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza è giustificatamente apparsa al legislatore delegato, ad un più meditato esame, come una norma in contrasto con i principi costituzionali, da espungere quindi in occasione del primo intervento correttivo. Tale essendo l evidente ratio della disposizione correttiva, è giustificata l interpretazione che attribuisce alla medesima la sua massima potenzialità rispetto alla sua ragione e alla sua funzione e, cioè, un efficacia retroattiva.
Al riguardo deve anche considerarsi che, a seguito della contrattualizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazione e in misura ancora maggiore dopo che, con la riforma attuata dal d. lgs n. 80/1998, è stato chiarito che tutte le determinazioni inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono adottate con atti di diritto privato (secondo comma, del nuovo art. 4 del d. lgs. n. 29/1993, ora art. 5 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165), nel quadro di una ampia valorizzazione delle attribuzioni e delle responsabilità dei dirigenti, non appaiono più plausibili le ipotesi interpretative secondo cui il diritto del dipendente, destinatario di un provvedimento di assegnazione a mansioni superiori, ad una congrua retribuzione, potrebbe essere condizionato dalle circostanze obiettive (peraltro, in genere non rientranti nell ambito di una agevole possibilità di controllo da parte del dipendente stesso), relative alla sussistenza o meno di una vacanza nell organico o della necessità di sostituire altro dipendente con diritto al conservazione del posto.
Del resto, le implicazioni del nuovo quadro normativo si sono riflesse nell art. 56, comma 5, che prevede espressamente il diritto al trattamento superiore a prescindere dalla legittimità dell assegnazione alle mansioni superiori, spostando, per così dire, il rischio sul dirigente che ha disposto l assegnazione.
È importante anche rilevare che la stessa Corte Costituzionale ha presupposto una possibile efficacia retroattiva di detto art. 25, nel momento in cui, con l ordinanza n. 146/1999, ha restituito gli atti al giudice che aveva sollevato la questione di costituzionalità dell art. 56, comma 6, ultimo periodo, affinché verificasse la perdurante rilevanza della questione, a seguito della soppressione del divieto di riconoscimento delle differenze retributive.
Deve, infine, sottolinearsi che l attribuzione di efficacia retroattiva alla disposizione correttiva di cui all art. 15 del d. lgs. n. 387/1998 assicura - diversamente dalla opposta interpretazione - la conformità ai principi costituzionali della normativa vigente precedentemente e, quindi, è rispettosa del criterio interpretativo secondo cui deve preferirsi l interpretazione che comporta un quadro normativo compatibile con le prescrizioni costituzionali.
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Per la soccombenza parziale e la controvertibilità delle questioni, si stima equo compensare le spese del giudizio nella misura della metà, con condanna dell’XXXX al pagamento del residuo nella misura indicata in dispositivo.
Nola, 21.12.2006
Il Giudice del Lavoro
Dott.ssa Monica Galante
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola, in funzione di giudice del lavoro, in persona della dott.ssa Monica Galante, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da Tizia, nata il ….. , contro l’XXXX , in persona della Commissione Straordinaria, legale rappresentante pro-tempore, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede:
- accoglie parzialmente la domanda e, per l’effetto, dichiara il diritto della ricorrente al pagamento delle differenze economiche tra le retribuzioni spettanti per le mansioni svolte di assistente amministrativo (cat. C) e le retribuzioni percepite e calcolate in base alla qualifica rivestita di coadiutore amministrativo (cat. B) dal 01.07.1998 al 16.03.2003 e di coadiutore esperto (cat. BS) dal 17.03.2003, oltre interessi legali dalle singole scadenze al soddisfo da portarsi in detrazione dell’eventuale maggior danno della rivalutazione monetaria;
- condanna la convenuta XXXX al pagamento delle somme e degli accessori indicati nel capo precedente;
- rigetta la domanda di inquadramento;
- compensa nella misura della metà le spese di lite tra le parti e condanna l’XXXX al pagamento del residuo che liquida in complessivi euro 1.000,00, di cui euro 500,00 per diritti, oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione ai procuratori della ricorrente dichiaratisi anticipatari.
Nola, 21.12.2006
Il Giudice del Lavoro
Dott.ssa Monica Galante
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MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO
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L’ESERCIZIO DI FATTO DI MANSIONI DIVERSE DA QUELLE DELLA QUALIFICA DI APPARTENENZA NON HA EFFETTO AI FINI DELL INQUADRAMENTO DEL LAVORATORE
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Il dipendente presso amministrazioni pubbliche non può per attività negoziale o anche solo per una situazione di facere o pati del datore di lavoro che agevoli o rimanga inerte rispetto all esercizio di mansioni superiori, progredire da una categoria professionale ad un altra
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DIRITTO AL TRATTAMENTO ECONOMICO CORRISPONDENTE ALLE MANSIONI SUPERIORI SVOLTE - ONERE DI ALLEGAZIONE (E PROVA) – ONERE DI CONTESTARE IL FATTO ALLEGATO NELLA PRIMA DIFESA UTILE – PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE
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[Tribunale di Nola, Giudice del Lavoro, Dott.ssa Monica Galante, sentenza del 21.12.2006]
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TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE DEL LAVORO
[ Giudizio N. 5144/2005 R.G. – Oggetto: mansioni superiori nel pubblico impiego]
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MOTIVAZIONE CONTESTUALE
da allegare al verbale di udienza del 21.12.2006
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Con ricorso del 20.07.2005, la ricorrente - premesso di avere svolto sin dal 01.10.1988 mansioni di assistente amministrativo (ex VI livello, oggi categoria C), nonostante l’inquadramento nella figura di coadiutore amministrativo (ex IV livello, oggi categoria B) - ha domandato la declaratoria del diritto all’inquadramento nella categoria superiore C, con condanna generica della XXXX convenuta al pagamento delle differenze retributive.
In particolare, la ricorrente ha precisato di essere sempre stata assegnata agli Uffici di Segreteria della Presidenza, in qualità di responsabile di tutte le attività amministrative, con compiti di contabilizzazione, utilizzo del computer e archiviazione.
Sentita a libero interrogatorio, l’istante ha poi precisato di essere stata assunta in data 01.09.1888 come coadiutore amministrativo; di avere lavorato presso la Segreteria della Presidenza dell’XXXX-A; di essersi occupata di “fissare gli appuntamenti, scrivere lettere dietro dettatura del Presidente, smistare la posta, rispondere al telefono per fissare appuntamenti”. Ha, inoltre, dichiarato di essere stata trasferita su sua domanda all’XXXX-B di *** e di avere ivi lavorato sino al 1995, occupandosi delle “pratiche relative alle richieste ex L. 12/1985 per autorizzazioni e rimborsi spese mediche”. Ha, poi, aggiunto che successivamente e sino al 2000 è stata trasferita presso la sede sita nella via …….., unitamente al Direttore Generale ed al Capo Servizio Affari e di avere assistito questi ultimi, svolgendo gli stessi compiti di segretaria prima citati; successivamente al 2000 è stata, poi, trasferita a *** all’Ufficio Invalidi civili ove si è occupata (e si occupa tuttora) delle pratiche della legge 104/1992, nel senso che “ricevo la pratica presentata dall’assistito, protocollo l’istanza, organizzo una Commissione integrata con lo specialista … sono presente durante le operazioni della Commissione e do assistenza alla Commissione (ad es. se ha bisogno di acquisire documentazione sanitaria custodita negli archivi), inoltre ricevo dagli assistiti tutta la documentazione necessaria per la valutazione delle istanze. All’esito delle operazioni della Commissione, suddivido le pratiche in base ai provvedimenti adottati (cioè se rinviate o definite). Mi occupo inoltre delle richieste di iscrizione ex L. 68/99 per il collocamento obbligatorio e svolgo la stessa attività indicata per le istanze ex L. 104/92. Inoltre provvedo a consegnare al Collocamento anche le istanze depositate. Inoltre, do informazioni al pubblico relativamente alle pratiche ex legge 104 e 68 prima indicate e per la invalidità civile. Uso il computer per l’archiviazione delle pratiche da circa 2 mesi”.
L’XXXX , costituitasi tempestivamente, ha eccepito il difetto di giurisdizione, l’inammissibilità della domanda per decorrenza dei termini di cui all’art. 69, comma 7, D.Lgs. 165/2001, il difetto di legittimazione passiva nonché l’infondatezza della domanda, anche per prescrizione parziale dei crediti.
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Ciò premesso, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per la domanda relativa al rapporto di lavoro alle dipendenze della resistente sino al 30.06.1998.
In particolare, è noto che, in base all’art. 69, VII comma, D.Lgs. 165/2001, “sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30.6.98. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000”.
In base al contenuto delle recenti sentenze della Corte di Cassazione, cui questo giudice ritiene di aderire, il discrimine temporale per l’individuazione della giurisdizione ordinaria e amministrativa viene individuata in base non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze così come posto a base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia (cfr. Cass. civ. Ord., Sez. Unite, 10/02/2006, n. 2883; Cass. S.U. 3228/2004; 1323/00; 1154/00; 41/00; 808/99).
In tal modo, il momento di insorgenza della questione va individuato di volta in volta in relazione alla natura della controversia, avendo riguardo al periodo del rapporto lavorativo oggetto della controversia (vd in tal senso: Tar Calabria, Reggio Calabria, n. 136/99; ord. Pret. Catanzaro 27 agosto 1998; Tar Liguria, n. 76/99) o al momento in cui i fatti costitutivi e/o lesivi del diritto azionato vengono a realizzarsi e sorge, quindi, l’interesse ad agire (vd. Trib. Locri, nn. 1615/2001; 1200/2001 e 1415/2001; Tar Sicilia – Catania, sez. III, 22 ottobre 1999 n. 2104; Tar Calabria, Catanzaro, 7 luglio 1999, n. 912) o alla data di adozione dell’atto amministrativo (ex plurimis ord. Cons. St., sez. V, 14 dicembre 1999 n. 2593).
Alla luce di tali rilievi, va rilevato che, nel caso in esame, parte dei fatti materiali e delle circostanze, poste a fondamento della pretesa avanzata, sono sorti anteriormente alla data del 30.06.1998, atteso che le dedotte mansioni superiori sono state esercitate a decorrere dal 1988.
Né è possibile ritenere che con la formulazione dell’art. 69 citato, a differenza di quanto poteva essere interpretato in base alla precedente formulazione contenuta nell’art. 45 del DL 80/98, in tutti i casi in cui la domanda giudiziaria sia presentata successivamente al 15 settembre 2000 sia possibile adire il giudice ordinario.
Una siffatta interpretazione porterebbe a ritenere sussistenti due diversi criteri per l’attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario: il primo, sostanziale, afferente l’insorgenza della questione giuridica (successiva al 30.06.98) ed il secondo, processuale, relativo al momento della presentazione della domanda giudiziaria (successiva al 15.09.00).
Per altro aspetto, inoltre, dovrebbe considerarsi inutile la “sanzione” della decadenza, in caso di omessa presentazione di domanda giudiziale innanzi al giudice amministrativo entro il 15 settembre 2000, atteso che, comunque, sarebbe esperibile il ricorso giudiziario innanzi al giudice ordinario.
Tali incongruenze inducono a preferire la tesi della verifica della giurisdizione del giudice ordinario in base al solo aspetto sostanziale e non anche a quello processuale di presentazione della domanda.
Quanto, poi, al termine del 15.09.2000 previsto da tali disposizioni, va precisato che esso non ha natura di termine processuale, diretto a determinare l’ambito temporale della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia in esame e, dunque, a stabilire il limite alla persistenza della giurisdizione suddetta, ma costituisce, piuttosto, un termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale (Cass. civ., Sez. Unite, 21/06/2005, n. 13290; Cass. civ., Sez. Unite, 03/11/2005, n. 21289; Cass. civ., Sez. Unite, 17/11/2005, n. 23236).
Del resto, va rilevato che le controversie relative al periodo del rapporto antecedente al 30.06.1998 e non proposte avanti il G.A. entro il 15.09.2000 sono, puramente e semplicemente, ignorate dal legislatore del 2001. Ciò per la semplice ragione che, nel momento in cui veniva emanato il d.lgs. 165 quella categoria di controversie non era più ipotizzabile proprio essendo ormai decorso il termine imposto dal d.lgs. n. 80 del 1998 a pena di decadenza per la loro instaurazione. Nel 2001, infatti, potevano esistere (e, quindi, potevano essere oggetto di normazione) solamente le controversie relative al periodo post 30.06.1998 ovvero controversie relative a questioni ante 30.06.1998, ma già pendenti davanti ai giudici amministrativi. In realtà il legislatore del 2001, nel precisare che le controversie relative alle questioni attinenti al periodo precedente al luglio 1998 restano di competenza del giudice amministrativo <solo> qualora siano state proposte entro il 15 settembre 2000, ha voluto semplicemente ribadire l’ormai intervenuta decadenza per tutti i casi in cui le controversie su simili questioni non siano state introdotte prima del 15 settembre 2000.
Alla luce delle precedenti argomentazioni, va, pertanto, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nella parte de qua.
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In riferimento alla domanda relativa al riconoscimento delle mansioni superiori per il periodo decorrente dal 01.07.1998, escluso che possa dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, essendo stata precisata la causa petendi anche in sede di libero interrogatorio della ricorrente, va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione sollevata tardivamente dall’XXXX nella memoria difensiva, depositata in un termine inferiore ai 10 giorni prima dell’udienza ex art. 416 c.p.c.
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Nel merito è opportuno ricordare che, nell ambito della c.d. contrattualizzazione o privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la materia dello svolgimento delle mansioni superiori è stata disciplinata, a seguito della novellazione del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 operata dal d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, dall art. 56 del primo di detti decreti, nel testo di cui all art. 25 del secondo decreto. Peraltro, il sesto comma è stato modificato dall art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387. Il conseguente tenore dell art. 56 citato è stato riprodotto dall art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (norme generali dell ordinamento del lavoro alle dipendenze della amministrazioni pubbliche).
L’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 dispone:
“1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive.
L esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell inquadramento del lavoratore o dell assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell assenza per ferie, per la durata dell assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore”.
L’ art. 28 del CCNL comparto Sanità 1998/2001 del 07.04.1999 ha, poi, stabilito in riferimento alle mansioni superiori:
“1. Il presente articolo completa la disciplina delle mansioni prevista dai commi 2, 3 e 4 dell art. 56 del d.lgs n. 29 del 1993 per la parte demandata alla contrattazione.
2. Nell ambito del nuovo sistema di classificazione del personale previsto dal presente contratto, si considerano “mansioni immediatamente superiori”:
a) all interno delle categorie B e D, le mansioni svolte dal dipendente di posizione iniziale nel corrispondente profilo del livello super secondo la declaratoria riportata nell allegato 1 del presente contratto;
b) all interno delle categorie A e C, le mansioni svolte dal dipendente nella posizione iniziale della categoria immediatamente superiore.
c) le mansioni svolte dal personale collocato nel livello Bs della categoria B, nel livello iniziale della categoria C.
3. Non sono mansioni immediatamente superiori quelle svolte in sostituzione di un dipendente appartenente alla medesima categoria ed allo stesso livello ma collocato in una fascia economica della progressione orizzontale superiore a quella di appartenenza.
4. Il conferimento delle mansioni superiori di cui al comma 2 avviene nei seguenti casi :
a) vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviatele procedure per la copertura del posto vacante;
b) sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell assenza per ferie, per la durata dell assenza.
5. Il conferimento delle mansioni immediatamente superiori di cui al comma 2 è comunicato per iscritto al dipendente incaricato mediante le procedure stabilite da ciascuna amministrazione secondo i propri ordinamenti, sulla base di criteri, da definire entro tre mesi dall entrata in vigore del presente contratto, previa consultazione dei soggetti di cui all art. 9, comma 2, che tengano conto del contenuto professionale delle mansioni da conferire. La disciplina delle mansioni superiori come integrata dal presente articolo entra pertanto in vigore dalla data di definizione dei predetti criteri.
6. Il dipendente assegnato alle mansioni superiori indicate nel comma 2 ha diritto alla differenza tra i trattamenti economici iniziali previsti per la posizione rivestita e quella corrispondente alle relative mansioni nella tabella 9 e 9 bis, fermo rimanendo quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità, di fascia retributiva nella propria posizione nonché di indennità specifica professionale ove spettante per il profilo ma non prevista per la posizione superiore. Ove questa sia prevista, il relativo importo è assorbito per la durata delle mansioni dall indennità attribuita al profilo di riferimento.
7. Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina dell art. 56 del d.lgs. 29/1993”.
La normativa in esame ha, dunque, riconfermato anche nell ambito nel nuovo regime del lavoro dei pubblici dipendenti il principio secondo cui l’esercizio di fatto di mansioni diverse da quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell inquadramento del lavoratore: si tratta di una regola risalente e costante, già vigente nell impiego pubblico, che può essere superata, per espressa previsione legislativa, solo dalla normativa contrattuale (cfr. Cass. civ., Sez. lavoro, 25/10/2003, n. 16078). In altri termini, si è sempre opinato che il carattere formale dell organizzazione dell amministrazione pubblica, posto a tutela di interessi pubblici indisponibili, non consenta, in sintonia con i valori di imparzialità e di buon andamento enunciati dall art. 97 Cost., il riconoscimento di pretese dei dipendenti che non si basino o su atti normativi o su atti adottati dagli organi responsabili della gestione; d’altra parte, si è temuto che la regola della promozione automatica, ove accolta, avrebbe potuto determinare effetti assolutamente incompatibili con gli interessi della P.A., tra i quali quello della stabilità della pianta organica e della certezza organizzativo-burocratica e finanziaria. L’ius singulare si giustifica con riferimento a varie finalità ed esigenze, peculiari del lavoro pubblico, quali la regola, di rango costituzionale, del concorso, il controllo della spesa pubblica, la salvaguardia della stabilità di un’organizzazione predefinita.
Quanto allo svolgimento di mansioni proprie di qualifiche superiori, l art. 52 citato contiene due diversi ordini di disposizioni.
In primo luogo, si indicano i casi in cui è legittima la temporanea assegnazione a mansioni superiori, con la precisa specificazione dei relativi presupposti e dei limiti temporali e la previsione del diritto del lavoratore al trattamento previsto per la qualifica superiore, per il periodo di effettiva prestazione. In tutti i casi è necessaria la sussistenza di “obiettive esigenze di servizio”, cioè di ragioni verificabili e sindacabili inerenti l’organizzazione del lavoro, tali da rendere necessitato il mutamento in melius delle mansioni del lavoratore; le stesse andranno evidentemente esternate nell’atto di adibizione.
La norma tipizza due ipotesi che legittimano il mutamento di mansioni: la vacanza del posto in organico e la sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. Intanto, è il caso di sottolineare che, in ambedue le evenienze, il conferimento delle mansioni superiori deve avvenire “di diritto”, cioè sulla base di un atto formale di assegnazione proveniente dal dirigente dell’unità organizzativa interessata. Il Consiglio di Stato ha spiegato che tale requisito mira ad impedire che il singolo dipendente, di propria iniziativa o col consenso compiacente di altri organi incompetenti, possa assumere incarichi di livello superiore, aggirando le procedure selettive. In questo senso, si è ritenuto che il difetto di tale atto formale non sia sanabile attraverso un atto ricognitivo dell’organo competente che attesti, ex post, l’effettivo svolgimento delle mansioni.
Andando a valutare le singole ipotesi, nella prima evenienza di cui alla lettera a) del comma 2 è delimitato lo spazio temporale in cui è possibile tale copertura straordinaria in sei mesi, prorogabili fino a dodici in caso di attivazione delle ordinarie procedure di copertura; infatti, il successivo quarto comma impone all’Amministrazione di procedere entro novanta giorni dall’assegnazione provvisoria all’avvio delle procedure necessarie per la provvista di personale. Quindi, il superamento del termine semestrale, senza avvio dei concorsi, comporta l’improrogabilità dell’assegnazione a mansioni superiori; lo sforamento del termine di novanta giorni non sembra, invece, accompagnato da alcun precipuo effetto per l’amministrazione.
Quanto alla seconda ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2, con espressione mutuata dall’art. 2103 cit., la necessità di sostituzione di un collega assente con diritto alla conservazione del posto giustifica l’ius variandi; è esclusa l’ipotesi delle ferie, durante le quali dunque non si può legittimamente provvedere alla sostituzione con lavoratore di grado inferiore.
Quanto, poi, all ipotesi dell assegnazione a mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori delle ipotesi previste dalle precedenti disposizioni, è stabilita, da un lato, la nullità di detta assegnazione e, dall altro, il diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore (comma 5^). In quest ultima disposizione, l espressione “qualifica superiore” ha valore generico e omnicomprensivo e non può ritenersi equivalente alla dizione “qualifica immediatamente superiore”, utilizzata dal secondo comma nel delineare i presupposti dell assegnazione legittima a mansioni superiori. Una diversa conclusione non è giustificata nè dalla lettera della disposizione in esame, nè dalla sua ratio, che è quella di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all art. 36 Cost. (Cass. 14944/2004); pertanto, può essere riconosciuto il trattamento economico (e non anche l’inquadramento) per ogni mansione corrispondente alla qualifica superiore, anche se non coincidente con la qualifica “immediatamente” superiore.
L eventuale riconoscimento del diritto dei dipendenti all inquadramento in livelli superiori, in seguito allo svolgimento delle corrispondenti mansioni, quindi, sussiste solo ove queste ultime appartengano a qualifica funzionale immediatamente più elevata di quella dagli stessi rivestita, essendo la capacità professionale per le superiori mansioni presuntivamente riconosciuta al dipendente di fascia funzionale immediatamente inferiore in base alla comune regola d esperienza che il titolare di una determinata qualifica sia, di norma, in possesso di sufficiente preparazione tecnica per svolgere compiti propri della qualifica immediatamente superiore. Nel caso di svolgimento “per saltum” di mansioni superiori, è, invece, escluso l inquadramento “per saltum” cioè non del livello immediatamente superiore a quello di inquadramento (T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 10/07/2001, n. 1065; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 25/01/2005, n. 63; Cons. Stato, Sez. IV, 26/06/2002, n. 3539).
Va, peraltro, precisato che, a mente del comma 3° dell’art. 52, costituisce esercizio di mansioni superiori solo l’attribuzione in “modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti” propri di dette mansioni superiori. Dunque, anche in difetto della prevalenza per uno solo dei predetti aspetti, non vi sarà titolo per le differenze retributive.
Inoltre, lo svolgimento di mansioni superiori, ai sensi del 6° comma, dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001, non può comportare in nessun caso il diritto ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore sino alla data di entrata in vigore del c.c.n.l. che disciplina i nuovi inquadramenti professionali: nella specie sino al 08.04.1999, pari al giorno successivo alla stipulazione del CCNL da cui decorrono gli effetti giuridici ai sensi dell’art. 2 CCNL citato.
Deve a questo punto osservarsi che, ai fini del passaggio del dipendente dell’XXXX da una categoria all’altra superiore, occorre, in base al CCNL, l’indizione di una progressione interna da parte della resistente nei limiti dei posti disponibili nella dotazione organica di ciascuna categoria e dei relativi profili, mediante: a) passaggi da una categoria all altra immediatamente superiore; b) passaggi all interno delle categorie B e D; c) passaggi nell ambito della stessa categoria tra profili diversi dello stesso livello (art. 15 CCNL).
Nel concreto, l’art. 16 CCNL Comparto Sanità, nel definire i criteri e le procedure per i passaggi tra categorie, prevede:
“1. I passaggi dei dipendenti da una categoria all altra immediatamente superiore avvengono previo superamento di una selezione interna aperta alla partecipazione dei dipendenti in
possesso dei requisiti culturali e professionali previsti per l accesso al profilo cui si riferisce la selezione.
2. La selezione del comma 1 è basata su:
a) verifica della professionalità richiesta dal profilo superiore attraverso la valutazione in apposita prova teorico-pratica e/o colloquio volti ad accertare il possesso delle capacità professionali acquisite anche attraverso percorsi formativi;
b) valutazione comparata dei curricula ove, comunque, prendere in considerazione:
* titoli di studio, diplomi di specializzazione o perfezionamento, certificato di abilitazioni a funzioni direttive, diploma di scuola diretta ai fini speciali nell assistenza infermieristica etc., purché non siano utilizzati come requisito di ammissione;
* corsi di formazione, anche esterni all azienda, qualificati quanto alla durata e alla previsione di esame finale;
* qualificati corsi di aggiornamento professionale;
* pubblicazioni e titoli vari tra i quali relazioni finali di ricerche o studi affidati dall azienda o ente;
3. Gli elementi di valutazione del comma 2 sono tra loro diversamente combinati e ponderati in relazione alle peculiarità professionali che caratterizzano le categorie ed i profili cui si riferiscono le selezioni.
4. Le procedure relative alle modalità di svolgimento delle selezioni del comma 1 sono preventivamente individuate dalle aziende o enti con atti regolamentari improntati a principi di imparzialità, trasparenza, tempestività, economicità e celerità di espletamento ai sensi di quanto previsto dall art. 36, comma 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le parti, al fine di fornire alle aziende ed enti linee guida uniformi sulle procedure, rinviano all allegato 2 al presente contratto”.
Dunque, il dipendente presso amministrazioni pubbliche non può per attività negoziale o anche solo per una situazione di facere o pati del datore di lavoro che agevoli o rimanga inerte rispetto all esercizio di mansioni superiori, progredire da una categoria professionale ad un altra.
La resa ad un maggior livello di professionalità delle prestazioni lavorative consente in modo sostanzialmente negoziale, ma da accertare secondo quanto prevede la contrattazione decentrata e la metodologia di valutazione permanente, l accesso ad un livello retributivo più elevato, però sempre nell ambito della categoria di appartenenza. Solo la progressione verticale, allora, consente il passaggio alla categoria superiore. Ma la progressione non può essere considerata strumento per la crescita professionale “mirata” di uno o anche più dipendenti previamente individuati, nel senso che non è possibile utilizzare la progressione verticale come sistema per far assurgere il singolo dipendente alla categoria superiore.
Infatti, la progressione verticale si presenta come strumento di selezione di personale già impiegato presso l ente, purchè ricorrano le seguenti condizioni:
1) la concertazione sui criteri generali per l espletamento delle progressioni verticali;
2) la regolamentazione interna delle procedure e dei requisiti, che tenga conto delle risultanze delle procedure concertative;
3) l’effettuazione della ricognizione delle potenzialità professionali dei dipendenti dell ente;
4) l’esistenza nell ambito dell ente di dipendenti che, pur impiegati in mansioni non connesse a quelle cui possono assurgere a seguito della progressione, dispongano, comunque, delle potenzialità necessarie, valutate in base al titolo di studio, ai crediti formativi, alle valutazioni ottenute;
5) l’effettuazione della programmazione triennale delle assunzioni;
6) la previsione in detta programmazione della copertura di posti vacanti della dotazione organica anziché mediante concorso pubblico, attraverso progressione verticale (essendo esclusa la possibilità che il 100% dei posti vacanti sia ricoperto mediante concorsi interni).
Pertanto, non appare possibile “creare” un percorso di progressione verticale apposito per soddisfare legittime aspirazioni di carriera. Né la progressione verticale può essere considerata atto di gestione del rapporto di lavoro già in corso. Infatti, l esito finale consiste in un inquadramento contrattuale diverso rispetto a quello posseduto in precedenza e nell assegnazione di mansioni e responsabilità a loro volta differenti, in totale discontinuità con la precedente vicenda lavorativa e contrattuale.
Alla luce di tali considerazioni, escluso che nel caso di specie sia stata effettuata una progressione verticale da parte dell’azienda nei periodi oggetto di lite per il conseguimento della categoria immediatamente superiore, non può essere riconosciuto l’inquadramento preteso.
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Quanto alla domanda di corresponsione del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte, occorre riportare le declaratorie della categorie contenute nel contratto collettivo al fine di verificare se effettivamente sono state svolte mansioni superiori alla categoria assegnata.
Orbene, appartengono alla categoria B: “i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali nonché autonomia e responsabilità nell ambito di prescrizioni di massima; Appartengono altresì a questa categoria - nel livello B super (Bs) di cui alla tabella allegato 5 - i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che comportano il coordinamento di altri lavoratori ed assunzione di responsabilità del loro operato ovvero richiedono particolare specializzazione”.
Tra i profili professionali, il Coadiutore amministrativo “svolge nell unità operativa di assegnazione attività amministrative quali, ad esempio, la classificazione, la archiviazione ed il protocollo di atti, la compilazione di documenti e modulistica, con l applicazione di schemi predeterminati, operazioni semplici di natura contabile, anche con l ausilio del relativo macchinario, la stesura di testi mediante l utilizzo di sistemi di video-scrittura o dattilografia, la attività di sportello”.
Tra i requisiti culturali e professionali per l’accesso alla categoria B è poi richiesto, dall’interno, per il coadiutore amministrativo il diploma di istruzione secondaria di primo grado, unitamente - ove richiesti – ad attestati di qualifica. Ove non richiesti, ovvero in mancanza di essi o del titolo di studio, devono essere posseduti cinque anni di esperienza professionale nella categoria A.
Appartengono alla categoria C: “i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per l espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite e precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti”.
Tra i profili professionali del personale amministrativo, l’Assistente amministrativo “svolge mansioni amministrativo-contabili complesse - anche mediante l ausilio di apparecchi terminali meccanografici od elettronici o di altro macchinario - quali, ad esempio, ricezione e l istruttoria di documenti, compiti di segreteria, attività di informazione ai cittadini, collaborazione ad attività di programmazione, studio e ricerca”.
Tra i requisiti culturali e professionali per l’accesso alla categoria C è poi richiesto, dall’interno, per il profilo di assistente amministrativo, il possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado ovvero, in mancanza, il possesso del diploma di istruzione secondaria di 1° grado unitamente ad esperienza professionale di quattro anni maturata nel corrispondente profilo della categoria B per il personale proveniente dal livello super o di otto anni per il personale proveniente dalla categoria B, livello iniziale.
Nel caso concreto, a fronte delle allegazioni contenute in ricorso (e delle dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio dall’istante), l’XXXX non ha in alcun modo contestato il dedotto svolgimento da parte della ricorrente delle mansioni riconducibili in concreto alla figura di assistente amministrativo (categoria C), avendo solo eccepito, nel merito, l’insussistenza in organico di un posto vacante e di un preventivo atto formale. L’XXXX, dunque, non ha dedotto alcunché sulle mansioni di fatto espletate dalla ricorrente, anzi ha ammesso la esistenza di “certificazione dell’avvenuto svolgimento in via di fatto di funzioni superiori adottato successivamente ed in sede di mera ricognizione di fatti pregressi” (cfr. pag. 9 della memoria difensiva): in tal modo, la resistente ha reso non necessaria la prova invocata dall’istante sul punto, atteso che per il principio di non contestazione (Cass., S.U., 23.1.02, n. 761; Cass., S.U., 17.6.04, n. 11353) devono ritenersi definitivamente acquisiti i fatti costitutivi (non tempestivamente contestati).
In particolare, l onere di contestazione tempestiva è desumibile sia dagli artt. 166 e 416, cod. proc. civ. sia dall’intero sistema processuale come risulta: dal carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena; dal sistema di preclusioni, che comporta per entrambe le parti l onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; dai principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e, soprattutto, dal generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost.
Conseguentemente, ogni volta che sia posto a carico di una delle parti un onere di allegazione (e prova), l altra ha l onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto, potendo trattarsi di un fatto la cui esistenza incide sull andamento del processo e non sulla pretesa in esso azionata (Cass. civ., Sez. lavoro, 13/06/2005, n. 12636).
Considerato, dunque, che è indiscutibile che l’istante ha svolto mansioni riconducibili in concreto alla figura di assistente amministrativo (categoria C), a decorrere dal 01.07.1998, sia pur al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001 (non vi è allegazione né prova della necessità di sostituire un altro dipendente; quanto alla vacanza del posto in organico, deve ritenersi che lo svolgimento delle mansioni superiori ha, comunque, superato il termine massimo di 12 mesi) deriva la retribuibilità delle stesse. In applicazione del comma 5 dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001, al lavoratore deve quindi essere corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore: va, pertanto, riconosciuto il diritto della ricorrente al pagamento delle differenze retributive tra le retribuzioni spettanti per le mansioni svolte di assistente amministrativo (cat. C) e le retribuzioni percepite e calcolate in base alla qualifica rivestita dapprima di coadiutore amministrativo (cat. B), dal 01.07.1998 al 16.03.2003, e poi di coadiutore esperto (cat. BS ai sensi dell’art. 17 vigente CCNL) dal 17.03.2003 (cfr. sul punto, la nota allegata dall’XXXX a firma del Responsabile dell’Area Gestione Risorse Umane del 03.04.2006 n. prot. 2450/GRe, non contestata dalla ricorrente), oltre interessi legali dalle singole scadenze al soddisfo da portarsi in detrazione dell’eventuale maggior danno della rivalutazione monetaria; va condannata, per l’effetto, la convenuta XXXX al relativo pagamento.
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Per completezza, deve precisarsi che il sesto comma dell’art. 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come novellato dall’art. 25 del decreto legislativo 80/1998, prevedeva che “le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi con la decorrenza da questi stabilita (...). Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore.” Tuttavia, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 ha eliminato la parte della disposizione relativa alla (transitoria) esclusione del diritto a differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori e la Corte di Cassazione - con motivazioni condivise da questo giudice - con la sentenza 8 gennaio 2004 n. 91 ha precisato che a tale disposizione correttiva deve attribuirsi carattere interpretativo e retroattivo, considerata la sua incidenza su una norma transitoria e la sua ratio di eliminare una ragione di illegittimità costituzionale del precedente tenore della disposizione.
La portata retroattiva della disposizione risulta, peraltro, conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 57/1989, 296/1990, 236/1992, 101/1995, 115/2003, 229/2003; ordinanze n. 289/1996, n. 347/1996, 349/2001, 100/2002), che ha ritenuto l applicabilità anche nel pubblico impiego dell articolo 36 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali.
Ne consegue che l assoluta esclusione, da parte del nuovo art. 56, comma 6, del diritto a differenze di retribuzione nel caso di svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza è giustificatamente apparsa al legislatore delegato, ad un più meditato esame, come una norma in contrasto con i principi costituzionali, da espungere quindi in occasione del primo intervento correttivo. Tale essendo l evidente ratio della disposizione correttiva, è giustificata l interpretazione che attribuisce alla medesima la sua massima potenzialità rispetto alla sua ragione e alla sua funzione e, cioè, un efficacia retroattiva.
Al riguardo deve anche considerarsi che, a seguito della contrattualizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazione e in misura ancora maggiore dopo che, con la riforma attuata dal d. lgs n. 80/1998, è stato chiarito che tutte le determinazioni inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono adottate con atti di diritto privato (secondo comma, del nuovo art. 4 del d. lgs. n. 29/1993, ora art. 5 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165), nel quadro di una ampia valorizzazione delle attribuzioni e delle responsabilità dei dirigenti, non appaiono più plausibili le ipotesi interpretative secondo cui il diritto del dipendente, destinatario di un provvedimento di assegnazione a mansioni superiori, ad una congrua retribuzione, potrebbe essere condizionato dalle circostanze obiettive (peraltro, in genere non rientranti nell ambito di una agevole possibilità di controllo da parte del dipendente stesso), relative alla sussistenza o meno di una vacanza nell organico o della necessità di sostituire altro dipendente con diritto al conservazione del posto.
Del resto, le implicazioni del nuovo quadro normativo si sono riflesse nell art. 56, comma 5, che prevede espressamente il diritto al trattamento superiore a prescindere dalla legittimità dell assegnazione alle mansioni superiori, spostando, per così dire, il rischio sul dirigente che ha disposto l assegnazione.
È importante anche rilevare che la stessa Corte Costituzionale ha presupposto una possibile efficacia retroattiva di detto art. 25, nel momento in cui, con l ordinanza n. 146/1999, ha restituito gli atti al giudice che aveva sollevato la questione di costituzionalità dell art. 56, comma 6, ultimo periodo, affinché verificasse la perdurante rilevanza della questione, a seguito della soppressione del divieto di riconoscimento delle differenze retributive.
Deve, infine, sottolinearsi che l attribuzione di efficacia retroattiva alla disposizione correttiva di cui all art. 15 del d. lgs. n. 387/1998 assicura - diversamente dalla opposta interpretazione - la conformità ai principi costituzionali della normativa vigente precedentemente e, quindi, è rispettosa del criterio interpretativo secondo cui deve preferirsi l interpretazione che comporta un quadro normativo compatibile con le prescrizioni costituzionali.
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Per la soccombenza parziale e la controvertibilità delle questioni, si stima equo compensare le spese del giudizio nella misura della metà, con condanna dell’XXXX al pagamento del residuo nella misura indicata in dispositivo.
Nola, 21.12.2006
Il Giudice del Lavoro
Dott.ssa Monica Galante
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola, in funzione di giudice del lavoro, in persona della dott.ssa Monica Galante, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da Tizia, nata il ….. , contro l’XXXX , in persona della Commissione Straordinaria, legale rappresentante pro-tempore, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede:
- accoglie parzialmente la domanda e, per l’effetto, dichiara il diritto della ricorrente al pagamento delle differenze economiche tra le retribuzioni spettanti per le mansioni svolte di assistente amministrativo (cat. C) e le retribuzioni percepite e calcolate in base alla qualifica rivestita di coadiutore amministrativo (cat. B) dal 01.07.1998 al 16.03.2003 e di coadiutore esperto (cat. BS) dal 17.03.2003, oltre interessi legali dalle singole scadenze al soddisfo da portarsi in detrazione dell’eventuale maggior danno della rivalutazione monetaria;
- condanna la convenuta XXXX al pagamento delle somme e degli accessori indicati nel capo precedente;
- rigetta la domanda di inquadramento;
- compensa nella misura della metà le spese di lite tra le parti e condanna l’XXXX al pagamento del residuo che liquida in complessivi euro 1.000,00, di cui euro 500,00 per diritti, oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione ai procuratori della ricorrente dichiaratisi anticipatari.
Nola, 21.12.2006
Il Giudice del Lavoro
Dott.ssa Monica Galante
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