TRIBUNALE DI PISA – sentenza 15 giugno 2007 n. 514 – G.U. Santoni Rugiu, - S.B. (Avv. Baregi) c. Università di Pisa (Avv. Bernardini)
Giurisdizione ordinaria e amministrativa – Docenti e ricercatori universitari – Rapporto d’impiego - Controversie – Giurisdizione amministrativa - Devoluzione.
Le controversie concernenti il rapporto di impiego dei docenti e ricercatori universitari sono attribuite al giudice amministrativo, in quanto trattasi di rapporto sottratto al processo di privatizzazione (art.3, comma 2 D.lgs. 30 marzo 200,1 n. 165)
(omissis…..)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 16.7.2004, il dr. S. B. conveniva l’Università di Pisa ed il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca avanti al Giudice del Lavoro di Pisa.
Premetteva di essere stato docente di scuola media superiore presso il liceo “G. Marconi“ di San Miniato e di essere quindi stato nominato ricercatore presso l’Università di Pisa con decreto del 24.12.2003, avendo quindi diritto alla conservazione dell’anzianità di servizio ed al trattamento economico più favorevole in godimento all’atto del trasferimento.
Lamentava che nel momento del passaggio fra le due amministrazioni non gli era stata riconosciuta in modo completo l’anzianità di servizio presso quella di provenienza, motivo per cui quella di destinazione, al fine di integrare il divario fra i due trattamenti, gli aveva riconosciuto un assegno ad personam inferiore al dovuto.
Infatti, il MIUR aveva determinato la sua anzianità alla data del 31.12.2003, mentre avrebbe dovuto farlo in relazione alla data del 1.1.2004, motivo per cui sarebbe aumentata la base stipendiale in relazione alla quale l’Università avrebbe a sua volta calcolato l’assegno ad personam.
Svolgeva quindi le conclusioni indicate in epigrafe, chiedendo il riconoscimento del suo diritto alla conservazione dell’anzianità di servizio maturata nella scuola al momento del passaggio all’Università, con condanna di quest’ultima all’adeguamento dello stesso trattamento, oltre rivalutazione ed interessi.
Il MIUR non si costituiva rimanendo contumace.
L’UNIVERSITA’ DI PISA si costituiva con memoria.
In via preliminare eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice amministrativo, nonché l’improcedibilità del ricorso giudiziario per vizi del tentativo di conciliazione.
Nel merito affermava l’infondatezza della domanda, di cui chiedeva comunque il rigetto.
La causa veniva istruita con ricerche documentali in relazione al tentativo di conciliazione e quindi, depositate note conclusive e mutata la persona del giudice, all’odierna udienza era discussa dalle parti in punto di giurisdizione e la relativa decisione avveniva come da verbale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
GIURISDIZIONE
E’ pacifico che il ricorrente, in precedenza dipendente del MIUR quale docente di scuola media superiore, attualmente sia dipendente dell’Università di Pisa quale ricercatore.
Quindi se fino al 31.12.03 il rapporto di lavoro con il MIUR era di lavoro pubblico privatizzato, dal 1.1.04 il medesimo rapporto di lavoro è proseguito con l’Università in regime pubblicistico.
Ora a fronte di questa situazione vanno valutate dal punto di vista processuale le domande svolte in ricorso e le eccezioni preliminari della convenuta.
E’ indubbio che il complessivo fenomeno della privatizzazione del pubblico impiego abbia fatto salvi alcuni rapporti conservati in regime pubblicistico, fra cui quelli dei professori e dei ricercatori universitari, quali appunto il ricorrente (art.3, comma 2 D.Lg.vo 165/01).
Ne discende che la domanda di condanna dell’attuale datore di lavoro all’adeguamento del trattamento economico in godimento dal 1.1.04 non poteva essere svolta avanti al giudice ordinario, al quale appunto non appartiene da nessun punto di vista la cognizione del rapporto di lavoro che lega il ricorrente e la convenuta Università.
Non ha rilievo il fatto che l’assegno ad personam erogato dall’Università al fine di perequare i trattamenti economici precedente e successivo al trasferimento (e colmare l’iniziale divario fra maggiore compenso come docente di scuola rispetto al minore compenso come ricercatore universitario) dipendesse a sua volta dalla determinazione in punto di anzianità operata dal Liceo ove il ricorrente era in servizio.
Infatti, la correttezza giuridica di tale determinazione sarebbe questione incidentale da valutare (senza efficacia di giudicato) al fine di decidere (con efficacia di giudicato) il diritto in ordine alla misura dell’assegno ad personam oggetto della domanda giudiziale.
E, allora, è inevitabile concludere che l’ufficio adito difetti di giurisdizione in ordine al trattamento economico spettante al ricercatore universitario.
Né è possibile ipotizzare che il capo di domanda teso alla dichiarazione dell’anzianità di servizio maturata dal ricorrente quale docente di scuola superiore abbia una sua autonomia dal successivo capo di condanna, e consenta una pronuncia di merito nei confronti del MIUR per quanto riguarda il solo accertamento, dal momento che tale amministrazione non è più il datore di lavoro e quindi nei suoi confronti in senso tecnico il ricorrente non avrebbe più alcun interesse alla tale tipo di pronuncia.
Nota di commento
La giurisdizione nelle controversie dei ricercatori universitari
Con la sentenza in commento il giudice del lavoro di Pisa ha declinato la propria giurisdizione, trattandosi di una controversia riguardante il rapporto di lavoro di un ricercatore universitario.
Come è noto, il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro non ha interessato tutto il personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, dato che sono rimaste escluse le categorie elencate dall’art.3 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, ossia magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare delle forze armate, personale della carriera diplomatica, professori e ricercatori universitari[1]. Tali categorie, in quanto non toccate dal processo di privatizzazione, continuano ad essere disciplinate dai rispettivi ordinamenti generalmente caratterizzati dal regime pubblicistico delle fonti e degli atti.
L’evidente eterogeneità dei soggetti rimasti sottoposti al regime pubblicistico, da condurre la dottrina a parlare di “mezza privatizzazione”[2], non consente di individuare una ratio univoca nella scelta legislativa.
Per quanto concerne i docenti e ricercatori universitari, la conservazione di uno speciale regime pubblicistico risponde ad esigenze di tutela della loro autonomia ed indipendenza, condizioni necessarie per la salvaguardia del valore del pluralismo culturale difeso dall’art.33 della Costituzione Repubblicana, che, come è noto, sancisce il principio di libertà dell’arte e della scienza e del loro insegnamento.
Coerentemente con il mantenimento del regime pubblicistico il d.lgs. n. 165 del 2001, all’art.63, comma 4, dispone che restano devolute al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di cui all’art.3 del d.lgs. medesimo[3]. Pertanto sono conosciute dal giudice amministrativo le controversie concernenti il rapporto d’impiego dei professori e ricercatori universitari[4].
Alla luce di tali considerazioni il giudice del lavoro pisano ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in relazione alla domanda di un ricercatore universitario, che chiedeva il riconoscimento del suo diritto alla conservazione dell’anzianità di servizio maturata in altra amministrazione al momento del passaggio all’Università.
[1] Cfr. TURSI, Categorie ed amministrazioni escluse dalla privatizzazione del rapporto di lavoro, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, a cura di Carinci- D’Antona, 2000,317.
[2] Cfr. FALCONE, La mezza privatizzazione della dirigenza pubblica al vaglio della Corte Costituzionale, in Foro it., 1997,I,38.
[3] Cfr.: MONTINI, I riflessi della privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della p.a. nella giurisprudenza amministrativa relativa al personale non privatizzato (art.3 D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), in Il lav. nelle P.A., 2001,813; POZZI, La giurisdizione esclusiva del pubblico impiego non privatizzato, in Cons. St., 2003,II,2210.
[4] Cfr.: Cass., Sez. Un., 8 luglio 2003 n.