L’ultima riforma del Lavoro Pubblico risale a 15 anni fa (la prima legge delega è del 23 ottobre 1992). Oggi, dopo molti anni, si ridiscute quella riforma a partire da alcuni nodi di estrema importanza che appaiono ancora irrisolti: dall’assetto della dirigenza a nuove forme di garanzia, dall’efficienza del sistema di relazioni contrattuali alla definizione delle competenze regionali. La finanziaria per il 2007 fornisce elementi sufficienti per segnalare, almeno sul piano delle politiche del diritto, un’inversione di tendenza rispetto alle incertezze del recente passato. Vi si legge, quanto meno, un deciso stop alla precarizzazione del lavoro nel privato e la volontà di rilanciare la contrattazione nel settore pubblico. All impianto della riforma del Lavoro Pubblico è stato aggiunto un importante correttivo: una maggiore certezza temporale e attuativa dei contratti di lavoro, attraverso la definizione di un termine perentorio alla conclusione dell iter di controllo e vigilanza. Ma certo sono necessari ulteriori interventi per ricostruire l impianto delle riforma del rapporto di lavoro, ad iniziare dalla revisione della disciplina legislativa relativa alla dirigenza, dopo gli innumerevoli interventi di legge e soprattutto dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale. Ne discutono Gianfranco D’Alessio, professore ordinario presso l’Università degli studi Roma Tre Gaetano D’Auria, consigliere della Corte dei Conti e giudice addetto alla Corte Costituzionale Alessandro Garilli, professore ordinario presso l’Università di Palermo Carlo Podda, segretario generale Funzione Pubblica Cgil Carmine Russo, direttore dell’IRSI Lorenzo Zoppoli, professore ordinario presso l’Università di Napoli Interviene Luigi Nicolais, ministro per le Riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione Conclude Paolo Nerozzi, segretario confederale Cgil Info: Ufficio stampa casa editrice Ediesse, Carla Pagani |