“DIRIGENTI D’AZIENDA: ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI” – Avv. Italo Meoli
1. Nozione di dirigente
La nozione di dirigente enucleata dalla giurisprudenza sulla base dell art. 2095 cod. civ., rileva solo nei confronti dei settori produttivi ove manchi una disciplina contrattuale ovvero la disciplina contrattuale sia sfavorevole al lavoratore (1). Quando invece i requisiti per l appartenenza alla categoria dei dirigenti siano espressamente stabiliti dalla contrattazione collettiva, è solo a quest ultima - che assume valore decisivo anche per il giudice - che occorre far riferimento per l inquadramento del dipendente (2).
La nozione di "dirigente" desumibile dall orientamento giurisprudenziale è quella di: prestatore d opera subordinato che, quale "alter ego" dell imprenditore, è preposto alla direzione di una intera organizzazione aziendale o anche di una branca rilevante e autonoma di questa, ed esplica le sue mansioni con generale supremazia gerarchica, con ampi poteri di autonomia e piena libertà di determinazione che gli consentono, nel quadro delle direttive generali dell imprenditore - e quindi senza l obbligo di chiedere di volta in volta a quest ultimo particolari istruzioni e consensi - di imporre, nell ambito delle finalità perseguite dall impresa, i propri discrezionali poteri decisionali e di influenzare l intera vita dell azienda tanto nel suo interno quanto nei rapporti esterni con i terzi (3).
In particolare, indici rivelatori della posizione professionale appena descritta possono essere desunti:
- dalla collaborazione immediata con l imprenditore per il coordinamento generale dell attività aziendale, considerata nel suo complesso o in uno dei suoi rami importanti;
- dal carattere spiccatamente intellettuale e fiduciario di tale collaborazione; dall ampio potere di autodeterminazione delle direttive di organizzazione dell azienda, pur sempre nell ambito delle direttive di massima e dell indirizzo generale fissato dall imprenditore;
- dalla posizione gerarchica di supremazia su tutto il personale dell impresa o su un vasto gruppo della stessa, con poteri di controllo, valutazione e disciplina;
- dalla subordinazione esclusiva all imprenditore e dalla conseguente responsabilità verso lo stesso dell andamento dell azienda o di una grande branca di essa;
- dalla rappresentanza dentro e fuori l azienda per determinate specie di affari.
E stato precisato infine che le mansioni dirigenziali debbono estrinsecarsi nella determinazione e nella promozione della politica aziendale, mediante iniziative di carattere operativo (c.d. mansioni di "line"), mentre non possono consistere in una attività meramente consultiva, di controllo e di assistenza (c.d. mansioni di "staff"), ancorchè questa sia particolarmente qualificata ed importante nell ambito dell azienda (4).
2. Segue: i c.d. "minidirigenti"
Il riconoscimento dell appartenenza alla categoria dirigenziale non può essere escluso, specie nelle grandi imprese caratterizzate da una complessa organizzazione del personale:
- nè dalla circostanza che il lavoratore - caratterizzato da una posizione eminente rispetto a tutta l impresa o a un particolare ramo o servizio di essa - sia in possesso di poteri decisionali circoscritti ed influenzato da altro dirigente che, avendo più ampi poteri decisionali, faccia da tramite con l imprenditore (5), ferma restando l inammissibilità di un rapporto di subordinazione gerarchica in senso stretto (6);
- nè dal fatto che il settore produttivo al quale il dipendente è preposto operi per periodi di tempo limitati dell anno e che la pianta stabile del personale sia modesta se ed in quanto l attività dello stesso sia tale da influenzare l andamento dell intera azienda (7).
3. Funzionari di banca
Secondo l orientamento della Corte di cassazione la figura del funzionario delle aziende di credito non è assimilabile a quella dei dirigenti e non è soggetta alle esclusioni o limitazioni per costoro stabilite (8).
4. Irrilevanza della sola procura, della qualifica formalmente attribuita e del titolo di studio ai fini dell appartenenza alla categoria dirigenziale
Ai fini del riconoscimento dell appartenenza alla categoria dirigenziale non sono di per sè decisivi:
- il possesso di un potere di rappresentanza negoziale esterna, derivante dal conferimento di procura speciale "ad negotia" (ciò che, al più, costituisce un indice all appartenenza a quella categoria) (9);
- la formale attribuzione della categoria dirigenziale se, poi, le mansioni di fatto espletate non corrispondono a detta categoria (10);
- il possesso di un titolo di studio, a meno che questo non sia richiesto dalla legge per lo svolgimento di determinate attività (11);
- a maggior ragione, il provvedimento verbale di promozione nei casi in cui il contratto collettivo di categoria esiga - ai fini della nomina o promozione di dirigente - l atto scritto, con indicazione delle funzioni attribuite se, poi, il lavoratore non ha concretamente svolto mansioni dirigenziali (12).
Secondo la giurisprudenza l inquadramento nella categoria dirigenziale ai fini del licenziamento non può essere affidato all autonomia privata "collettiva o individuale" ma dipende esclusivamente dalla sussumibilità delle mansioni in concreto svolte dal lavoratore nella nozione legale (art. 2095 cod. civ.) di quella categoria (13).
NOTE
(1) Cass. 27 novembre 1997, n. 12001, inedita; Cass. 3 aprile 1992, n.
(2) Cass. 16 marzo 1988, n.
(3) Cass. 12 aprile 1989, n.
(4) Cass. 18 luglio 1987, n.
(5) Cass. 24 maggio 1985, n.
(6) Cass. 11 dicembre 1987, n.
(7) Cass. 4 luglio 1987, n.
(8) Cass. 9 dicembre 1991, n.
(9) Pret. Vercelli 11 gennaio
(10) Cass. 30 marzo 1992, n.
(11) Cass. 26 agosto 1986, n.
(12) Cass. 27 maggio 1987, n.
(13) Cass. 15 febbraio 1992, n.