lavoroprevidenza

lunedì 3 settembre 2007

I LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI NON SONO PUBBLICI IMPIEGATI.

Sentenza del Consiglio di Stato 15 marzo 2007, n. 1253 con nota del dr. Gesuele Bellini - Funzionario Ministero dell Interno - Componente Direzione Scientifica di LavoroPrevidenza.com

I lavoratori socialmente utili non sono pubblici impiegati.


E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione VI, nella sentenza 15 marzo 2007 n. 1253, in merito ad un ricorso presentato dal Ministero dell’Istruzione avverso la sentenza del Tar per la Puglia, che aveva accolto le doglianze di una candidata che era stata esclusa da un concorso pubblico, il cui bando prevedeva tra i requisiti il possesso di un rapporto di pubblico impiego, con la motivazione che il servizio prestato, in qualità di L.S.U. utilizzata da un Comune, non rientra nella ipotesi prevista.


Il Collegio, con la decisione in argomento, richiamando conforme giurisprudenza ormai consolidata, ha affermato che le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentano la qualificazione come rapporto di impiego per le seguenti motivazioni:


1) per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali);


2) riguarda un impegno lavorativo certamente precario;


3) non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento;


4) per le caratteristiche peculiari che presenta quali l’occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali. (in tal senso Cons. St. VI, 10.3. 2003, n. 1301-1307; 18.3.2003, n. 1424; 17.9. 2003, n. 5278; 31.8.2004 n.5726).


Orbene, sulla base di queste considerazioni, i giudici di Palazzo Spada riguardo la fattispecie in esame, hanno concluso accogliendo il ricorso del Ministero dell’Istruzione e, pertanto, affermando che, in assenza della equiparazione ad un rapporto di impiego, il lavoratore socialmente utile non ha titolo per partecipare alla procedura concorsuale riservata ai pubblici impiegati.


Gesuele Bellini







REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO







N.1253/2007


Reg.Dec.


N. 7715 Reg.Ric.


ANNO 2001


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 7715 del 2001 proposto dal Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n.12 è per legge domiciliato;


contro


Palumbo Cosima, non costituita in giudizio;


per l’annullamento


della sentenza del TAR per la Puglia, sez. di Lecce, n.2105/01 in data 30 aprile 2001, resa tra le parti;


visto il ricorso con i relativi allegati;


visti gli atti tutti della causa;


alla pubblica udienza del 12 gennaio 2007 – relatore il consigliere Domenico Cafini – udito l’avv. dello Stato Nicoli;


ritenuto e considerato quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. Con ricorso proposto davanti al TAR per la Puglia, sezione di Lecce, la sig.ra Cosima Palumbo impugnava il decreto del Provveditore agli Studi di Lecce 15.1.2001 n.34634/II/II con il quale era stata disposta la sua esclusione dal concorso per l’accesso al ruolo provinciale della IV fascia del personale ATA della scuola statale, profilo collaboratrice scolastica, nonchè ogni altro atto presupposto o consequenziale.


A sostegno del gravame la ricorrente deduceva i seguenti motivi di doglianza:


- eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge n.241 del 1990;


- violazione di legge (artt..550 e segg d.lgs. 16.4.1994, n.297 e integrazioni e modificazioni di cui alla legge 3.5.1999 n 124).


Nel giudizio si costituiva l’Amministrazione intimata che chiedeva il rigetto del ricorso.


Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito TAR accoglieva, con sentenza succintamente motivata, il proposto gravame, ritenendo fondata la censura di difetto di motivazione.


Avverso tale sentenza, ritenuta “errata ed illegittima” il Ministero dell’Istruzione propone l’odierno appello, sostenendo, in sintesi, la mancanza, da parte della ricorrente in prime cure, per l’ammissione al concorso di cui trattasi, non avendo avuto alcun rapporto di lavoro né con lo Stato né con enti locali, per avere partecipato soltanto a progetti (predisposti da detti enti), relativi all’impiego di lavoratori socialmente utili (L.S.U.).


L’appellatasi non si è costituita in giudizio.


Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2007 la causa è stata assunta in decisione.


2. Costituisce l’oggetto dell’odierno appello la sentenza del TAR per la Puglia, Sezione di Lecce, n.2105/2001 che ha accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Cosima Palumbo avverso il decreto del Provveditore agli Studi di Lecce, concernente la sua esclusione dal concorso indetto ai sensi dell’O.M n.153/2000, per l’accesso al ruolo provinciale della IV qualifica funzionale del personale ATA, profilo di collaboratrice scolastica, non essendo l’interessata in possesso dei requisiti previsti dall’art.3 del relativo bando.


Con la detta sentenza il giudice di prime cure - considerato che l’atto impugnato non indicava le ragioni sulle quali era fondato, ragioni non desumibili neanche dalla norma applicata, “attesa la varietà delle situazioni dalla stessa contemplate” - ha ritenuto che la ricorrente possedesse i requisiti necessari per partecipare alla procedura concorsuale in questione, considerando in definitiva fondato il suo assunto, basato sul fatto che aveva prestato servizio per un lungo periodo, in qualità di L.S.U. utilizzata dal Comune di Aradeo in progetti per servizi resi presso scuole statali dello stesso Comune, coincidenti con il profilo richiesto dalla domanda di partecipazione al concorso predetto.


2.1. L’appello come sopra proposto si palesa fondato.


2.2. Come emerge dagli atti di causa, la ricorrente, pur avendo prestato servizio presso istituzioni scolastiche, ha operato senza stipulare un contratto a tempo determinato né con enti locali nè con lo Stato, così come previsto dal D.P. di indizione delle procedure contrattuali.


In altri termini, l’interessata non ha avuto alcun rapporto di lavoro con lo Stato o con enti locali, ma ha partecipato soltanto a progetti, predisposti dagli stessi enti locali relativi all’impiego di L.S.U nella scuola e, come tali, inidonei a far instaurare, per espressa disposizione di legge, rapporti di impiego con gli enti locali, anche perchè retribuiti dall’INPS attraverso il Fondo Nazionale per l’Occupazione e l’Impiego gestito dal Ministero del Lavoro, né utili a potere incidere sul bilancio o sulla pianta organica degli enti utilizzatori.


Pertanto appare evidente nella specie la mancanza in capo alla ricorrente di un requisito essenziale per potere partecipare al concorso di cui trattasi, sicchè deve ritenersi correttamente disposta l’impugnata esclusione sul presupposto dell’assenza di un rapporto di pubblico impiego (requisito richiesto appunto dall’art.3 del bando, richiamato nella concisa motivazione a supporto del censurato provvedimento di esclusione).


Al riguardo, del resto, la Sezione ha avuto già occasione di affermare – con giurisprudenza ormai consolidata dalle quale il Collegio non intende discostarsi - che le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentano la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l’occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali. (in tal senso Cons. St. VI, 10.3. 2003, n. 1301-1307; 18.3.2003, n. 1424; 17.9. 2003, n. 5278; 31.8.2004 n.5726).


Deve pertanto ritenersi, in relazione alla questione centrale dell’odierna controversia, che, in assenza della equiparazione ad un rapporto di impiego, il lavoratore socialmente utile non ha titolo per partecipare alla procedura concorsuale in questione, così come correttamente disposto nell’impugnato provvedimento di esclusione dalla graduatoria dell’interessata.


2.3. Sulla base delle considerazioni che precedono, non può ritenersi corretta la stringata motivazione dell’impugnata sentenza con cui è stata accolta l’assorbente censura di difetto di motivazione del ricorso di prime cure, sul presupposto che l’atto impugnato non avrebbe indicato sufficientemente le ragioni sulle quali esso era fondato, ragioni non desumibili, ad avviso dei primi giudici, nemmeno dalla norma applicata (art.3 del bando) contemplando la stessa varie situazioni.


Ritiene, infatti, il Collegio che l’indicazione del mancato possesso dei requisiti previsti da tale norma debba considerarsi più che sufficiente ad esplicitare le ragioni per le quali la ricorrente doveva essere esclusa dall’ammissione alla procedura concorsuale in questione, non essendo necessaria, dunque, altra specificazione a giustificazione dell’atto impugnato in primo grado, in presenza, peraltro, di un atto per sua natura vincolato.


Deve pertanto concludersi, in relazione alla questione centrale dell’odierna controversia, che, in assenza della equiparazione ad un rapporto di impiego, la ricorrente, in quanto lavoratrice socialmente utile, non aveva titolo per partecipare alla procedura concorsuale in questione e che quindi debba ritenersi legittimo l’impugnato provvedimento di esclusione, anche se basato sulla semplice indicazione della mancanza dei requisiti di cui all’art.3 del bando.


2.4. Per quanto precede l’appello deve essere accolto con conseguente riforma della gravata sentenza.


Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.


Compensa tra le parti le spese del giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2007 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l intervento dei Signori:


Claudio VARRONE Presidente


Sabino LUCE Consigliere


Paolo BUONVINO Consigliere.


Domenico CAFINI Consigliere est.


Aldo SCOLA Consigliere



Presidente


CLAUDIO VARRONE


Consigliere Segretario


DOMENICO CAFINI ANNAMARIA RICCI



DEPOSITATA IN SEGRETERIA



il...15/03/2007


(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)


Il Direttore della Sezione


MARIA RITA OLIVA




CONSIGLIO DI STATO


In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)



Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa



al Ministero..............................................................................................



a norma dell art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642



Il Direttore della Segreteria



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