lavoroprevidenza

lunedì 2 luglio 2007

I SEGNALI DELLA CRISI ORGANIZZATIVA

del del Prof. Sergio Sabetta - Componente Comitato scientifico di LavoroPrevidenza.com e Responsabile della Sezione Management di LavoroPrevidenza.com



I SEGNALI DELLA CRISI ORGANIZZATIVA



Prof. Sergio Sabetta







Il fatto che un’azienda o un sistema organizzativo abbiano avuto successo non garantisce per il futuro, né risultano utili i riferimenti ai risultati finanziari o alla posizione di predominio sulla scena economica. L’unico parametro utilizzabile sono le prestazioni dei processi, ossia le modalità di funzionamento dei processi e quindi la soddisfazione dell’utente e il livello dei costi.


Si deve tenere presente che attualmente viviamo in un ambiente globale turbolento si che il mercato può subire un radicale cambiamento tale da rendere un domani le procedure oggi vincenti obsolete. Occorre quindi una prontezza nell’assicurare il rinnovamento nei processi e per verificare l’esistenza di una capacità organizzativa in dinamica e aperta si devono considerare cinque temi fondamentali:



1. la disponibilità alla verifica, ossia la capacità di parlare con franchezza all’interno dell’organizzazione senza eliminare i portatori di notizie sgradevoli, creando quindi un clima di appiattimento; si deve affrontare la realtà come è, non come vorremmo che fosse. Indice di tale franchezza sono i documenti destinati al pubblico;


2. l’ atteggiamento dei membri dell’organizzazione verificando l’orgoglio di appartenenza o il cinismo con cui viene considerata, tenendo sempre presente che non si è motivati esclusivamente da riconoscimenti economici;


3. l’ umiltà nel valutare il proprio ruolo nella scena e la parallela capacità di riconoscere i meriti altrui;


4. la capacità di un apprendimento continuo da parte delle organizzazioni ;


5. la sostenibilità della posizione eccellente in quanto risultato non di una sola leadership, quale manifestazione di un carisma personale, bensì frutto di un ambiente organizzativo pervaso di tutte le virtù precedentemente elencate.



La valutazione di un’organizzazione alla luce di questi cinque parametri comporta la necessità di confrontarsi diffusamente con i manager, i dipendenti e gli utenti, oltre che a leggere tutto il materiale disponibile, superando la semplice lettura del bilancio o di un sondaggio presso gli utenti.


Si devono innanzitutto individuare e focalizzare i sintomi esogeni, ossia leggibili da osservatori esterni di cui molte volte si tende a ignorarne i segnali.



- Il primo e più evidente è il calo di redditività e le conseguenti perdite di esercizio, che molte volte viene tenuto nascosto con una serie di espedienti, più ovvi sono le rivalutazioni e i proventi straordinari, meno visibili le mancate svalutazioni dei crediti inesigibili e dei magazzini per prodotti obsoleti o di difficile vendita, infine gli ammortamenti per i quali spesso si cambiano i criteri contabili.


- Altro sintomo è il declino o la stagnazione dei fatturati e degli ordini, questo è di difficile lettura in quanto il declino delle vendite può essere momentaneo e dovuto a fattori congiunturali. Raramente le aziende comunicano dati di fatturato per settore o per classe di prodotto omogenei al netto dell’effetto cambi, tuttavia ancora più difficile è ottenere gli andamenti delle quote di mercato nel tempo, soprattutto per medie e piccole imprese.


- Ulteriore sintomo è dato dall’aumento dei debiti o dalla diminuzione della liquidità ed anche dall’introduzione di pratiche contabili discutibili o principi contabili meno rigorosi. Tollerare tali pratiche, che di per se stesse rientrano nell’ambito della legalità anche se al margine, significa posticipare la crisi di qualche tempo, senza per questo sfruttare tale periodo per riordinare i conti, ma al contrario provocando un diffuso disagio nell’organizzazione dovuto ad una accentuata apprensione a livello di vertice.


- Sintomi di carattere puramente organizzativo sono i frequenti cambi di management indipendenti da eventuali ristrutturazioni, che creano situazioni di stress e di difficoltà nei processi decisionali, e la carenza di pensiero strategico che sospinge l’azienda ad una incapacità di agire, manifestazione sicura è la difficoltà di enunciazione di principi certi e determinati oltre ad un eccesso di analisi e strategie di difficile attuazione.



Oltre ai sintomi esterni vi sono una serie di sintomi interni, percepibili solo da chi vive all’interno dell’organizzazione.



- Il primo è un atteggiamento di appropriazione da parte del management nei confronti dell’azienda, tale da creare un’atmosfera di notevoli pretese senza alcuna propensione ad impegnarsi in lavori stressanti.


- Un secondo è il proliferare delle sedi e una irrazionalità nella gestione delle aree, quasi come un camuffare tramite l’espandersi delle superfici occupate la mancata espansione economica.


- Altri sintomi sono l’esasperazione del patriottismo di settore accompagnato da una sovrapposizione e duplicazione delle strutture organizzative nonché loro disomogeneità. Nei momenti precedenti alla crisi vi è un periodo di esasperato frazionamento e di grande indipendenza lasciata al management di settore che viene incoraggiato a comportamenti imprenditoriali per mancanza di una reale strategia generale. Viene meno una visione di insieme di gruppo e dei suoi risultati, occorre pertanto ricostruire una cultura aziendale forte mediante comportamenti coerenti nel tempo. Lo stesso effetto lo si ottiene con la nomina di una alta dirigenza debole, incompetente o che si pensa non godere della fiducia completa degli elettori. Immediatamente i singoli componenti del gruppo dirigente lavoreranno ognuno per sé e si formeranno strane alleanze in previsione di ulteriori cambiamenti, occupandosi di tutto ma non certo del bene dell’organizzazione a lungo termine, questa perde la facoltà di comunicare conl’esterno rivolgendo tutte le energie al proprio interno.


Tutto questo porta ad una duplicazione delle funzioni all’interno di ciascuna struttura in speculare parallelismo con i livelli centrali, con conseguente complicazione dell’iter decisionale, aumento dei costi e la creazione di procedure indipendenti che rendono il lavoro di coordinamento e valutazione più complesso ed oneroso. Il tutto culmina in una proliferazione di funzioni amministrative e strategiche la cui finalità principale è di occuparsi di se stessi. Indicatori di tali disfunzioni organizzative sono l’elevato numero di persone destinatarie di comunicazioni interne ed il crescere delle comunicazioni stesse.


- Un elemento particolarmente importante è dato dalla sclerotizzazione delle strutture in cui vi è una successione di modifiche organizzative, soprattutto relative ai vertici delle principali funzioni, senza venire a modificare le unità elementari operative. In altre parole si sposta senza razionalizzare il sistema azienda, creando solo una maggiore confusione; si creano solo nuove funzioni o controlli senza ridurre il numero del personale, inoltre la revisione organizzativa costituisce un alibi per dimostrare l’origine assolutamente obiettiva dei problemi da risolversi con ulteriori investimenti. In altre parole abbiate fiducia e pazienza.


- Accompagnata alla sclerotizzazione vi è la verticalizzazione estrema delle strutture in cui si crea un sistema piramidale “sudamericano” nel quale si trovano strutture organizzative costituite da un capo con due o tre dipendenti i quali a loro volta ne hanno al massimo due o tre.


- Infine vi è la cattiva gestione delle scorte e del circolante, nonché un eccesso di terziarizzazione, deve sempre tenersi presente che la cassa e il magazzino sono lo specchio fedele dell’organizzazione.



Dobbiamo considerare che l’evoluzione socio-economica porta a strutture meno accentrate, in cui un’ampia ristrutturazione comporta il passaggio ad una cospicua redistribuzione di attività. Ai pochi punti accentrati in cui avvengono le trasformazioni economiche a seguito del concentrarsi di risorse, vi è il succedersi di una crescente diffusione produttiva e organizzativa parallela al diffondersi del benessere economico.


Da quanto finora descritto appare evidente che i fattori possono essere sia esogeni che endogeni, ma è opportuno soffermarsi in chiusura sugli aspetti interni in particolare personali, i quali sono i più subdoli e difficili da individuarsi vista l’adattabilità degli interessati. Si deve tenere presente che come in un organismo vivente ospite il virus, una volta entrato, si libera del proprio involucro, scopre i propri geni e induce l’ospitante a fabbricare le proteine virali da assemblare, altrettanto avviene con le persone negli ambienti lavorativi dove esplicando la loro personalità più recondita possono indurre a cambiamenti comportamentali opportunistici le persone con cui sono in contatto, circostanza ancor più devastante se coloro che influenzano sono di livello superiore.


Dobbiamo considerare che solo la presenza di un sistema complesso, ossia l’interagire delle persone in una ambiente strutturato, permette ai soggetti portatori di valori negativi per l’organizzazione di esplicare le proprie funzioni, in quanto tali soggetti acquistano consapevolezza solo agendo sugli altri.


La loro virulenza si manifesta non prima di avere raggiunto una determinata densità, in altre parole dopo aver modificato o creato le opportune colleganze. Come nei biofilm i microrganismi subiscono trasformazioni tali da indurli a specializzarsi, così nelle organizzazioni i gruppi patogeni aggressivi tendono a specializzarsi creando strutture interne e parassitarie rispetto alla vera e propria organizzazione, inapparenti ai normali osservatori esterni; necessita, pertanto, in primo luogo tentare di ostacolare il dialogo fra tali agenti per impedire il formarsi dei biofilm negativi o, se già costituiti, alterare la comunicazione per disaggregarli.


Principio fondamentale è che gli esseri umani, come tutti i microrganismi diventano sociali superando l’individualismo nell’uso delle risorse solo in presenza di loro scarsità o difficoltà nell’acquisizione tali da creare ostacoli nella propria affermazione.


Deve tuttavia riconoscersi la notevole importanza collaterale che queste figure negative hanno nell’evoluzione organizzativa.


Permettono di accelerare e rendere più facile la selezione strutturale attraverso eventi endogeni, anzi che esogeni i quali possono agire più lentamente. Quest’ultima osservazione porta a valutare le conseguenze dell’azione perniciosa per l’organizzazione in termini di immunità acquisita, come memoria e relativa reazione per l’aggressione subita, ma anche come trasferimento di conoscenze presso altre strutture a seguito della morte dell’organizzazione aggredita, costituendo pertanto i mattoni per una ricombinazione adattiva in strutture diverse.


Se un’organizzazione si avvita su se stessa senza reagire, significa semplicemente che non possiede le risorse necessarie per una sua evoluzione e che sarà opportuno, anzi, liberare le risorse umane più efficienti così bloccate per una nuova migliore strutturazione.


In realtà uno dei segnali maggiori, che possiamo dire riassuntivo, del malessere organizzativo è il venire meno della simmetria quale equilibrio nella crescita delle parti e nella distribuzione delle risorse. Il malessere ambientale a cui si va incontro non è altro che l’arroganza e il prevalere di una parte sulle altre, si crea una struttura virtuale in cui il crollo avviene in forma progressivamente accelerata attraverso un meccanismo di circuiti di rinforzo fino al limite di rottura, a meno di riuscire a esternalizzare i costi crescenti dell’inefficienza strutturale attraverso fenomeni monopolistici o accordi politico/amministrativi.


La traiettoria non sarà certa ma probabile secondo previsioni su valori medi, in quanto, sebbene non accessibili i dati dei singoli componenti del sistema, quello che importa sono le variabili macroscopiche che riguardano il comportamento del sistema come un tutto.





BIBLIOGRAFIA



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