lavoroprevidenza

sabato 14 aprile 2007

SPECIALE FLESSIBILITA’: MA TU SEI PER O CONTRO LA FLESSIBILITA

Pubblichiamo qui di seguito le considerazioni espresse da alcuni lettori della rivista telematica LavoroPrevidenza.com, ringraziando quanti hanno preso parte a questa prima ed interessante iniziativa del sito





S P E C I A L E F L E S S I B I L I T A’


MA TU SEI PER O CONTRO LA FLESSIBILITA


Pubblichiamo qui di seguito le considerazioni espresse da alcuni lettori della rivista telematica LavoroPrevidenza.com, ringraziando quanti hanno preso parte a questa prima ed interessante iniziativa del sito






































Paolo Fanfani


Professore associato di diritto del lavoro nell Università di Firenze



Il contratto di lavoro è una merce, una merce pregiata, ma è una merce che subisce le regole del mercato; come tale essa in tanto potrà essere ricercata ed acquisita in quanto risponda alle esigenze del potenziale utilizzatore.


E provato che le aziende gradiscono contratti di lavoro flessibili che abbiano un alto tasso di corrispettività; maggiore è tale tasso , maggiore è il gradimento.


L esempio viene dall esperienza professionale: - le aziende chiedono contratti a termine, part time, contratti di durata massima, contratti a progetto; - le aziende chiedono come potersi svincolare dal tetto dei quindici dipendenti onde sfuggire alla stabilità reale.


Le aziende hanno dunque interesse al lavoro flessibile non solo come durata ma anche quanto alla quantità di lavoro.


I lavoratori hanno ovviamente l interesse contrario ma la soluzione non è quella di imporre il contratto a vita ed a tempo pieno quanto quello di trovare equilibrate soluzioni attraverso gli ammortizzatori sociali.



Flavia Durval


CREF - Centro Ricerche e Formazione
Il Direttore



Sono a favore della flessibilità



Colombo Alessandro


rapp. RSU componente CISL della Croce Verde di Verona ( CCNNLL enti locali)


Salve, sono Colombo Alessandro, rapp. RSU componente CISL della Croce Verde di Verona ( CCNNLL enti locali).



Se devo essere sincero per principio sarei contro alla flessibilità, bisogna però molto più pragmaticamente, dire che se fossero rispettate ALMENO le regole dei contratti nazionali di categoria, la Legge Biagi oltre i vari codici potrebbe essere un sbocco sul mondo del lavoro almeno per iniziare poi.............



Purtroppo nella maggior parte dei casi, nonostante per il lavoratore atipico sia già svantaggioso e frustrante lavorare "a scadenza" c è da dire che non è neanche tutelato a sufficenza dai sindacati, e come al solito la stragrande maggioranza dei datori di lavoro, compreso gli enti pubblici come il mio, non osservano neanche le poche regole che già ci sono!


A questo punto se devo scegliere tra IL MALE MINORE penso sia meglio che non esista questo tipo di contrattualità, se invece vi fosse la capacità di vigilare da parte dell ufficio del lavoro (senza attendere qualche denuncia del povero lavoratore) e una BUONA azione repressiva sui datori di lavoro "FURBETTI" con qualche accorgimento ripeto, potrebbe essere uno buono sbocco iniziale per chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro.


Maria Carmela Salsano


Nel merito della questione "flessibilità", argomento della settimana, tengo a precisare che personalmente sono contraria. I motivi sono tantissimi, ma i principali credo che siano la mancanza di sicurezza per i giovani e.... non solo , e la mancanza di un futuro sicuro.


Mi piacerebbe sapere dai nostri parlamentari come devono sposarsi i nostri ragazzi senza una base fissa e senza sapere l indomani cosa l aspetta.Come possono fare a mettere su famiglia senza un lavoro sicuro.


E poi dicono che l Italia è a crescita 0.


Senza poi entrare nel merito delle pensioni alternative, altra bella presa per i fondelli.


Poveri ragazzi dopo il danno anche la beffa!!!!!!



Dott. Rossana Prola


Professione Acqua srl


Via Valeggio 53


46040 Solferino (MN)



Io sono un piccolo imprenditore, ho tre dipendenti e due collaboratori.


Quello che voi definite flessibilità per noi è la regola, nel senso che in azienda non ci sono schemi rigidi di orario: ci sono cose da fare, ognuno le fa come e quando può, le ferie si prendono a turno rispettando le necessità di tutti, vige la regola che appena si può non si lavora, ma che quando si deve lavorare lo si fa anche nei giorni di festa. Il foglio delle ore lavorate è sempre uguale, non si segnano né le assenze né le ore in più, si fa un forfait fidandoci reciprocamente gli uni degli altri.


Stiamo attrezzando l’ufficio della nostra segretaria/futura mamma per ospitare anche il piccolo quando ci sarà.


Abbiamo una sola automobile (la mia) che è a disposizione di chi ne ha bisogno.


Lo stipendio è al livello massimo consentito dalle disponibilità dell’azienda.


Una sola cosa chiederei: la possibilità di licenziare come e quando voglio. I miei dipendenti sono come figli per me, ma ho in mente di ingrandirmi e non credo che la fortuna continui ad aiutarmi come ha fatto finora. Se mi capitasse la persona sbagliata, vorrei potermene liberare senza tanti problemi.


E per “sbagliata” intendo sbagliata per me, non secondo parametri oggettivi. Sono io che produco il lavoro per tutti, quindi un dipendente deve andare bene a me e basta.


Sono convinta che se si potesse licenziare in assoluta libertà ci sarebbero molte ma molte più assunzioni e molta meno gente disoccupata in teoria ma non di fatto, nel senso che lavoro nero ce n’è a iosa per tutti, vi siete mai chiesti come mai…??


Cordiali saluti



dr. Gesuele Bellini Funzionario Ministero dell Interno - Componente Direzione Scientifica di LavoroPrevidenza.com


Se per flessibilità si intende quella tipologia lavorativa secondo cui il lavoratore non rimane legato in maniera indeterminata al proprio posto di lavoro, ma, nell arco della propria vita, cambia diverse volte l attività e/o il datore di lavoro, allora mi sento di esprimermi in senso favorevole.


Ciò in quanto, in tal modo lo strumento della flessibilità dovrebbe da un lato permettere al datore di lavoro di impiegare i propri occupati secondo le esigenze dell’impresa e dall’altro permettere al lavoratore di accrescere le conoscenze professionali e di conseguenza il livello occupazionale raggiunto anche dal punto di vista economico.


Se, invece, per flessibilità si intende la forma degenerata del concetto e, cioè, una forma di precariato, in cui spesso vi è la mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro e la mancanza di un reddito adeguato con il quale pianificare la propria vita presente e futura, allora, in quest’ultimo caso sono nettamente contrario.


Quest’ultimo modo di intendere la flessibilità sarebbe utile solo alle aziende, in quanto facilitate dall esistenza di contratti poco vincolanti e probabilmente meno costosi a livello previdenziale, sarebbero incentivate a richiedere costantemente al mercato del lavoro tutte quelle figure professionali di cui hanno bisogno in un determinato momento, senza essere costrette a tenerle sotto contratto oltre il dovuto, dunque, libere di sbarazzarsene in ogni momento.


In questo modo non si tiene conto dei significati del lavoro che produce nell’esistenza personale e degli effetti collaterali che determinate scelte possono determinare sul contesto più generale.


I fautori della falsa flessibilità, che invece è solo precariato, che puntano il dito contro l elevato costo del lavoro ritenendolo l ostacolo principale alle assunzioni a tempo indeterminato e che, dunque, elevano tale soluzione come la ricetta principale per contrastare la disoccupazione e ridurre il divario tra domanda e offerta di lavoro, dimenticano un fatto importante: che la crescita economica ed il benessere di una società è proporzionale alla crescita ed al benessere dei componenti della stessa e, quindi, anche dei lavoratori.


Certo, bisogna ammettere che i tempi sono cambiati ed anche il mondo del lavoro deve adeguarsi ad essi e, sicuramente trovare la giusta ricetta non è facile; una delle strade possibili è anche la flessibilità, intesa secondo la prima accezione.


Ogni strada che si vorrà comunque percorrere, a mio avviso, non bisognerà mai perdere di vista il concetto che il lavoro è per l’uomo.



Studio B&G


Mi sembra, da ormai vecchio operatore del settore, che da anni si stia girando attorno al vero problema di ogni azienda italiana: poter disporre di un congruo periodo di tempo per provare un nuovo assunto. Quindi, sono convinto che se si posticipasse la tutela contro il licenziamento ad nutum a sei mesi data assunzione verrebbero probabilmente a svuotarsi le motivazioni per il ricorso al cd. precariato. Certo, potrebbe anche prevedersi un indennità per il licenziamento avvenuto in questi sei mesi, come ad esempio: 40 ore di retribuzione aggiuntiva a partire dal secondo mese, in modo da disincentivare ogni trucchetto teso a giungere sempre in prossimità della scadenza dei sei mesi: un licenziamento in quella zona costerebbe già 200 ore di retribuzione - che equivalgono a quasi un mese e mezzo di "penale". Il che non è poco se si pensa che la penale prefigurata dalla legge 108/1990 parte da 2,5 mensilità, beninteso a fronte di un rapporto stabilizzato....


Dr. Luca Busico


AVVOCATO - UNIVERSITA DI PISA) -MEMBRO DELLA DIREZIONE SCIENTIFICA DI LAVOROPREVIDENZA.COM –



La legge Biagi e il decreto legislativo di attuazione n. 276/03 prevedono numerosi istituti volti a potenzare la flessibilià nel mondo del lavoro.


Dalla lettura delle riviste specializzate in materia risulta che tali istituti siano stati applicati in misura ridottissima. In particolare un interessante articolo di M. Fezzi sul sito D&L sottolinea che:


- il job sharing, il job on call, i contratti di apprendistato e di inserimento sono stati scarsamente utilizzati;


- la somministrazione è ancora al palo ed è forse meno utilizzata (anche per i problemi che comporta) di quanto non fossero i rapporti di lavoro interinale;


- il distacco è numericamente inesistente;


- il lavoro occasionale e accessorio è irrilevante;


- l’associazione in partecipazione praticamente non esiste;


- la certificazione non è stata utilizzata (a Milano, in 2 anni, è stata richiesta la certificazione di una trentina di contratti, quasi tutti a progetto).


La flessibilità alla fine è stata realizzata con due soli strumenti: il ricorso massiccio ai contratti a termine ed il lavoro a progetto.


Le analisi dovranno, quindi, concentrarsi sui motivi di tale fallimento, nonostante la flessibilità fosse stata tanto invocata dalle imprese.


Operando nelle amministrazioni pubbliche, posso fare con maggior cognizione di causa qualche accenno sulla flessibilità nel settore pubblico.


Come è noto, l’art.36, comma 1 del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 prevede che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle elggi sul lavoro subordinato.


Come è altrettanto noto, la riforma Biagi (salvo limitatissime esclusioni) non trova applicazione per il lavoro pubblico e dal punto di vista sistematico emerge una inversione di tendenza rispetto alle riforme legislative dell’ultimo decennio sul pubblico impiego, che si sono sviluppate secondo il percorso della trasposizione al lavoro pubblico delle norme e degli istituti del lavoro privato, ivi compresi quelli relativi ai contratti di lavoro flessibile o atipici. Più di un commentatore (Zoppoli, Santucci)ha, a tal proposito, profilato dubbi di legittimità costituzionale sull’esclusione del lavoro pubblico dall’ambito di applicazione della riforma del mercato del lavoro.


Nelle pubbliche amministrazioni la flessibilità si attua con il ricorso massiccio al lavoro a termine e l uso molto disinvolto delle collaborazioni coordinate e continuative (ancora in vita nel settore pubblico). In entrambi i casi sia assite a fenomeni degenerativi: da un lato lavoratori a termine richiamati anche per cinque o sei anni di seguito (sempre col miraggio di vedere il tempo indeterminato), dall altro l uso clientelare delle co.co.co.


Il mio giudizio sulla flessibilità nel settore pubblico non può, quindi, essere positivo.



Dr. Natalino Sapone


GIUDICE DEL LAVORO - TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA -MEMBRO DELLA DIREZIONE SCIENTIFICA DI LAVOROPREVIDENZA.COM


Io sono a favore della flessibilità ma solo per un limitato periodo (5-10 anni). Al termine del quale non penso sia più sostenibile una prospettiva di vita precaria.



Giovanna Danielli


Spett.le Segreteria,


che il mondo del lavoro sia ormai definitivamente cambiato non ci sono dubbi esattamente come sono cambiati i reali bisogni delle persone, da ultima il pianeta terra con le sue mutazione geomorfolofiche geopolitiche georeferenziali che non può non farci interrogare profondamente. La scuola ad oggi non è più formatrice, necessiterà di muove metodologie d insegnamento, utilizzando nuove tecnologie come strumento di grande importanza e supporto che però non devono prevaricare la basilare conoscenza delle lettere e dei numeri decisamente non ci potremo mai rendere conto di quando si sbaglia. La parola flessibilità è bella ma varia, e presta il fianco a molte speculazioni e quando invece dovrebbe essere un ottimo strumento per consentire una migliore gestione del tempo soddisfacendo soprattutto le necessità dei figli, seguendoli nei loro percorsi formativi educativi in costate fedd-back con il mondo scolastico che non vorrò più dire tutti bravi tutti promossi. Avrà il doveroso compito di far emergere le potenzialità cognitive che ciascun essere umano è naturalmente dotato, coltivare quella passione, evitando abbandoni degli studi, disagi giovanili,microdelinquenza e quant altro. Flessibilità vuol dire interscambio di lavoro con ditte degli Stati Membri della comunità Europea volendo perseguire l obiettivo di presentarci al mondo come una nuova potenza economica. Per riuscire in questa impresa è necessaria l acquisizone della conoscenza della cultura del lavoro e consentirebbe di fare un interazione con le realtà produttive scambiandosi un reciproco favore che aiuterà la ripresa economica. Interagendo con diverge metodologie di lavorazione e produzione si acquisiscono informazioni e conoscenze che oggi non riusciamo ancora a trovare perchè "Un bel sapere non fu mai scritto" su testi scolastici sono sicuramente inadeguati, oggi è il oc, il nuovo libro di testo che facilita ancora maggiormente tale integrazione fra stati Membri e cittadini naturalizzati. Flessibilità è sicuramente un sistema valido per interscambiarsi certe figure professionali in picchi di lavoro temporaneamente sollevando un altra azienda, che non potrà competere perchè se visto in quell ottica non si possono delocalizzare persone le cui conoscenze e professionalità fanno parte integrante del core buisness aziendale. E una forma che sicuramente faciliterebbe la vita alle famiglie, riuscendo i coniugi a intersecare gli orari riuscendo a seguire meglio la conduzione della casa, creando un clima più sereno nel contesto familiare. Le tecnologie sono un importantissimo ausilio, bisogna solo trovare,facendocene un esperienza personale, che è certamente la più formativa, l integrazione e l interazione in più gruppi di lavoro che svolgono la stessa tipologia di attività che non sarà mai di elevato livello cognitivo per le tematiche di cui sopra ma "la pratica vale più della grammatica" e così si avrebbe una gestione del tempo meno frenetica che consentirebbe al nostro cervello di pensare, confrontarsi, traendo beneficio dalla libera circolazione dell informazione della conoscenza, e l unione della manualità si creerebbe valore aggiunto, ma soprattutto si riuscerebbe a recuperare quella potenzialità produttiva di cui sono dotati i cittadini con specificità fisiche differenti che diversamente sarebbero destinate a rimanere emarginati e dalla produttività e dalla socializzazione, rimanendo un costo a totale carico dell intera collettivitàm ferendoli nella loro dignità umana, negandogli il diritto di equità. Sono veramente molti i cambiamenti che sono diventati improcrastinabili ed urgentissimi, in parte per recuperare il gap culturale accumulato in questi anni, in parte per rendere il territorio più vivibile sia dal punto di vista ecologico che l acquisizione della condivisione civica degli spazi. Probabilmente gli orari si allungherebbero e non ci sarebbero più quelle fasce altamente a rischio dove impera la microdelinquenza. Naturalmente il tutto è dipendente dal mantenimento in efficienza della risorsa umana, al massimo della personale efficacia erogando l appropriatezza delle terapoe consentendo il procrastinarsi dell autosufficienza che non avrebbe poù il vistoso divario delle patologie croniche in particolare delle disabilità mentali rapportate all età. Oggi abbiamo i grandi anziani che da anni hanno un reddito mensile superiore al nostro perchè hanno beneficiato di strategie governance mirate ad acquisire consensi, creando così nella maggioranza dei casi l incompetenza, il mancato rapporto-costo -produttività dello stipendio percepito per non parlare dei danni procacciati assurdamente,impegnando la Magistratura semplicemente per far rispettare una norma già in vigore, quindi ha già superato le varie correnti ideologiche che presuppone l applicazione corretta della norma per non negare diritti a chi li ha delocalizzandoli altrove, vanificandone il beneficio dell investimento o meglio del piccolo risparmio, perchè l investimento sarà ormai a lungo termine, dovendo reuperare il tempo perso per non aver creati i presupposti di contesti lavorativi per i nostri figli.La flessibilità è sicuramente una forma che può ridurre il costo del lavoro perchè deve essere utilizzata per migliorare la qualità di vita a costo zero, a tutto beneficio della qualità e quantità di produttiività. Supplirebbe in certi passaggi produttivi i costosissimi corsi di formazione il cui risultato non si potrà mai paragonare all acquisizione della formazione con un confronto diretto del fare. Ribadisco l unione fa la forza e due pesine chehanno la stessa passione ovviamente messe a confronto scaturisce il sano spirito competitivo creando quel valore aggiunto che si basa esclusivamente sulla specifità qualitativa che riporterebbe alla giusta valorizzazione la meritocrazia, favorendo l integrazione di razze diverce con i propri bagagli culturali, tradizioni, usi e costumi ik cui connubbio renderebbe l Europa veramente competitiva,


Cordiali saluti, Giovanna Danieli



Dott.ssa Simona Volpi – collaboratrice LavoroPrevidenza.com


Per quanto riguarda il tema in esame la mia opinione da Responsabile della selezione di una Agenzia per il lavoro è che non si tratta tanto


di essere a favore o contro la "flessibilità " in generale quanto a favore o contro una certa flessibilità , intesa come precariato e non credo ci siamo molti a volerla caldeggiare. Nella mia esperienza quotidiana posso dire che grazie alla flessibilità molte persone hanno e avranno l opportunità di scegliere un altro lavoro senza essere condannati a restare in un posto di lavoro in cui non si sentono realizzati e altrettanti possono e potranno trovare un occasione stabile e definitiva di lavoro dopo anni di "lavoro a nero" o di pseudolavoro ( almeno 1 candidato su 2 ha avuto esperienze di questo


tipo). D altra parte è anche vero però che tutto dipende dalle realtà territoriali in cui si opera perchè se in città economicamente buone come quella in cui lavoro la maggior parte dei contratti interinali si trasforma a tempo indeterminato purtroppo in tante altre realtà non è


così, per cui il malcontento verso la flessibilità è forte, i lavoratori sono costretti a cambiare tantissimi lavori per poter avere uno stipendio a fine mese e a lungo andare si stufano anche del nostro servizio domanda/offerta...ma allora il problema è diverso, bisogna


porre forse un freno al ricorso indiscriminato di personale a tempo senza mai assumerne alcuno e allo stesso tempo aiutare le realtà territoriali economicamente più povere dove tutto sommato è meglio il lavoro a nero ma meglio retribuito e più continuativo. Per concludere quindi la mia opinione è che Flessibilità non deve essere precarietà ma


opportunità in più di crescita personale per certe categorie (giovani, neodiplomati e neolaureati) e in particolare non deve essere tale (cioè precarietà) per tutte quelle categorie veramente svantaggiate (lavoratori over 40, donne, extracomunitari,lavoratori del sud e di


zone economicam. deboli).








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