Il trasferimento o l’assegnazione del lavoratore presso una sede che consenta la prosecuzione del rapporto di assistenza verso un parente o un affine entro il terzo grado in situazione di handicap, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 104/92, ha natura di interesse legittimo e, pertanto, è attuabile purché non ostino a tale assegnazione o trasferimento superiori esigenze organizzative dell’Amministrazione.
A questa conclusione è giunto il TAR per il Lazio, Roma, Sezione I, quater, nella sentenza 22 marzo 2007 n. 2488, che ha respinto il ricorso di un dipendente del Ministero della Giustizia per esubero di personale e quindi insussistenza di posti carenti in organico nelle sedi richieste.
Il Collegio ha ritenuto che “la disciplina di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, attraverso l’inciso "ove possibile", subordina i trasferimenti ad esigenze organizzative dell’Amministrazione, identificabili con il buon andamento del servizio”, introducendo, pertanto un limite al beneficio di cui al citato articolo, nel senso che lo stesso è destinato a divenire operante ove il posto esista e sia vacante, anche in relazione alle esigenze dell’Amministrazione, di volta in volta considerate con riguardo alle singole situazioni (C. d.S., sez. VI, 31.1.2003 n. 481).
Gesuele Bellini
Anno 2007
N. 8742 Reg. Ric. Anno 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
- Sezione I-quater
ha pronunciato la seguente -
sul ricorso n. 8742 del 2006, proposto da Sechi Davide, rappresentato e difeso dall’Avv. Fabrizio Michele Romano ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Massimo Parisella, situato in Roma, via Re Tancredi n. 6;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;
il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Direzione Generale del Personale e della Formazione, in persona del Direttore Generale p.t.;
rappresentato e difeso dall Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento in data 17 maggio 2006, prot. GDAP – 0173821 – 2006, con il quale il Ministero della Giustizia – D.A.P. – Direzione Generale del Personale e della Formazione ha rigettato “per carenza di posti liberi in organico nella sede richiesta per il ruolo di appartenenza” l’istanza di trasferimento, inoltrata dal ricorrente ai sensi e per gli effetti della legge n. 104/92;
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti le memorie ed i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti i motivi aggiunti, notificati in data 13 dicembre 2006 e depositati in data 21 dicembre 2006, con i quali il ricorrente impugna il provvedimento di rigetto della proroga del distacco, adottato in data 23 novembre 2006, n. 127976 – 141;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 23 gennaio 2007 il Primo Ref. Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
Espone il ricorrente:
- di essere stato arruolato in data 8 febbraio 2001 presso
- di aver presentato in data 2 febbraio 2006 richiesta di trasferimento presso
- che detta istanza veniva rigettata con provvedimento in data 17 maggio 2006 “per carenza di posti liberi in organico nella sede richiesta per il ruolo di appartenenza”.
Avverso tale provvedimento, ritenuto illegittimo, il ricorrente propone i seguenti motivi di impugnativa:
I) Violazione di legge – Eccesso di potere per violazione artt. 3 – 32 – 97 Cost.. Il comportamento dell’Amministrazione è discriminatorio perché per situazioni analoghe ha tenuto comportamenti del tutto opposti, consentendo distacchi e/o rinnovo di distacchi per personale aventi requisiti inferiori o similari a quelli del ricorrente.
II) Violazione di legge – Eccesso di potere. L’Amministrazione si è resa responsabile di una grave violazione di legge. Il riferimento alla circolare ministeriale del 16 maggio 2003 n. 0213520-2003 è fuori luogo;
III) Violazione di legge – Eccesso di potere – Difetto di istruttoria. I riferiti impedimenti tecnici (ambito di operatività di
Con atto depositato in data 25 ottobre 2006 si è costituito il Ministero della Giustizia.
Alla camera di consiglio del 10 novembre 2006, il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare proposta, nella prospettiva, tra l’altro, di una pronta trattazione del ricorso nel merito, fissata per l’udienza pubblica del 23 gennaio 2007.
In data 12 dicembre 2006 il Ministero della Giustizia ha depositato documenti, al fine, tra l’altro, di dare prova della carenza di posti nelle sedi indicate dal ricorrente.
Con motivi aggiunti, notificati in data 13 dicembre 2006 e depositati il successivo 21 dicembre 2006, il ricorrente impugna il provvedimento in data 23 novembre 2006, n. 127976-141, con il quale l’Amministrazione ha rigettato la richiesta di proroga del distacco, dal medesimo avanzata, chiedendone l’annullamento, previa sospensione anche “inaudita altera parte”.
Con decreto presidenziale n. 7129 del 29 dicembre 2006 è stata respinta la richiesta di decreto cautelare provvisorio.
Con memoria depositata in data 3 gennaio 2007 il Ministero della Giustizia ha affermato la legittimità del provvedimento di diniego di trasferimento, oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio, ponendo in evidenza la rilevanza delle esigenze organizzative del datore di lavoro e, dunque, la rilevanza della verifica della disponibilità di posti liberi in organico nelle sedi richieste, alla quale dimostra di aver proceduto. L’Amministrazione ha, altresì, posto in risalto l’infondatezza delle censure sollevate.
Alla camera di consiglio del 23 gennaio 2006 il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare diretta ad ottenere la sospensione del provvedimento di diniego della proroga del distacco.
All’udienza pubblica del 23 gennaio 2007 il ricorso introduttivo è stato introitato per la decisione.
Diritto
1. Come emerge dalla narrativa che precede, il ricorrente ha dapprima impugnato il provvedimento con il quale l’Amministrazione non ha accolto l’istanza di trasferimento dal medesimo inoltrata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92; nel prosieguo, ha proposto motivi aggiunti al fine, invece, di ottenere l’annullamento del sopravvenuto provvedimento di diniego di proroga del distacco, di cui ha usufruito per un determinato periodo di tempo.
Tenuto conto dei riferimenti temporali in precedenza riportati, il Collegio ha dovuto necessariamente rilevare la carenza – in relazione ai motivi aggiunti – dei termini a difesa, così come prescritti dall’art. 23 della legge n. 1034/71.
Non essendo state avanzate istanze di rinvio dell’udienza pubblica – sulla base della rappresentazione, ad esempio, di uno specifico interesse alla trattazione unitaria delle questioni prospettate - ed, anzi, avendo il difensore del ricorrente insistito sulla trattazione del ricorso, al fine di evitare nullità del procedimento il Collegio – dopo aver espressamente fatto presente nel corso dell’udienza pubblica che il ricorso era da ritenere iscritto a ruolo esclusivamente in relazione all’impugnativa del diniego di trasferimento, come desumibile anche dall’avviso di udienza in data 17 novembre 2006 – ha, comunque, ritenuto di poter trattenere in decisione il ricorso principale.
Orbene, tale scelta è stata ritenuta possibile in ragione delle peculiarità che caratterizzano l’innovata o, meglio, l’ampliata funzione dei motivi aggiunti.
E’, infatti, noto che, in seguito alle modifiche introdotte dalla legge n. 205 del 2000, la quale ha comportato la sostituzione, tra l’altro, dell’art. 21 della legge n, 1034/71, i motivi aggiunti rappresentano, oltre che lo strumento attraverso il quale arricchire la causa petendi (in linea con la funzione originaria agli stessi ordinariamente attribuita e riconosciuta), un valido mezzo per modificare il petitum, atteso che attraverso la loro proposizione è consentita l’impugnazione di “tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso”.
E’ evidente che tale possibilità – e non certo obbligo – consente di concentrare in un unico giudizio la cognizione di diversi episodi dell’attività provvedimentale dell’Amministrazione, esonerando la parte ricorrente dall’onere di proporre più ricorsi.
E proprio in ragione dei suddetti caratteri, è doveroso ritenere che i motivi aggiunti proposti avverso l’atto sopravvenuto siano dotati - diversamente dai motivi aggiunti della tradizione – di autonomia sostanziale perché, comunque, sono espressione di un autonomo diritto di azione.
Ne consegue che i motivi aggiunti proposti avverso l’atto sopravvenuto, pur non avendo le sembianze del ricorso a sé stante, ne possiedono l’intima natura (cfr. TAR Lazio, Sez. II, sent. n. 305/2005; TAR Lazio, Sez. I, sent. n. 1631/2004).
Preso atto di quanto sopra esposto, non appare, dunque, che possa essere messa in discussione la possibilità per il giudice amministrativo di procedere ad una trattazione disgiunta del ricorso principale, maturo per la decisione, e dei motivi aggiunti (rispetto ai quali non ricorrono i termini a difesa), da attuare attraverso il trattenimento in decisione del solo ricorso principale, sempre che non ne risenta la decisione finale.
Nel caso che ci occupa, il ricorso principale ed i motivi aggiunti vengono, pertanto, trattati disgiuntamente e ciò al fine di fornire una sollecita risposta alla richiesta di giustizia formulata dal ricorrente, almeno sulla parte del giudizio su cui è possibile pronunciarsi senza violazione dei diritti di difesa ovvero violazione di principi logico-giuridici.
In definitiva, la richiesta di trattenimento in decisione del ricorso principale, avanzata da parte ricorrente, è stata ritenuta suscettibile di positiva valutazione e – come già riferito - il ricorso principale è stato introitato; per la trattazione dei motivi aggiunti al ricorso è fissata un’altra udienza, specificatamente indicata nel dispositivo.
2. Il ricorso principale è infondato e pertanto va respinto.
2.1. In primo luogo, il Collegio non può esimersi dal riscontrare che non risultano addotti elementi da parte ricorrente per confutare il presupposto di fatto sul quale si fonda il provvedimento impugnato (rectius: la carenza di posti liberi in organico).
Al riguardo, appare opportuno ricordare che l’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 attribuisce al dipendente un diritto condizionato – ovvero, più propriamente, un interesse legittimo – ad ottenere in fase di prima assegnazione, o per trasferimento, una sede che consenta la prosecuzione del rapporto di assistenza, purché non ostino a tale assegnazione o trasferimento superiori esigenze organizzative dell’Amministrazione (esigenze – per lo più – identificabili, appunto, con la disponibilità di posti in organico nelle sedi richieste).
Orbene, appare evidente che, nel caso di specie, le esigenze organizzative sono state valutate come ostative alla concessione del beneficio del trasferimento e, in tali termini, sono state opposte al dipendente.
Preso atto di tale realtà, la prospettazione da parte dell’interessato di considerazioni e/o contestazioni attinenti ad aspetti diversi, quali il possesso dei requisiti soggettivi o, ancora, la legittimità o meno di circolari adottate dall’Amministrazione al fine di definire “l’ambito di operatività della legge”, non hanno, in verità, valenza giuridica o, comunque, non possono essere ritenute rilevanti perché – in quanto estranee alle ragioni che supportano il provvedimento - sono inidonee a dimostrare che l’Amministrazione ha mal operato.
E’ da ricordare, poi, che il Ministero della Giustizia ha attestato l’esubero di personale presso le sedi richieste attraverso la produzione di dati numerici concreti, precisandone – nel contempo – la preesistenza rispetto alla formulazione degli organici del Corpo avvenuta con il D.M. 08.02.2001.
A fronte di tali dati e informazioni, il ricorrente si è astenuto da qualsiasi replica.
2.2. Per quanto attiene la lamentata disparità di trattamento, il Collegio – in linea con l’orientamento assunto in precedenti casi – ribadisce che la censura si appalesa generica poiché non vengono specificate dal ricorrente le situazioni “analoghe”, cui l’Amministrazione avrebbe dato una risposta diversa e favorevole.
Tale accusa viene, in ogni caso, respinta dal Ministero della Giustizia in termini netti, attraverso il riferimento all’attuazione di un piano trasparente di spostamenti, nel rispetto della par condicio dei richiedenti.
A fronte delle puntuali allegazioni difensive di controparte, nessuna controdeduzione viene ancora una volta fornita dal ricorrente.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso principale debba essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del Ministero della Giustizia in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater, non definitivamente pronunciando, respinge il ricorso principale, indicato in epigrafe.
Fissa l’udienza pubblica del per la trattazione del ricorso per motivi aggiunti.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle Camere di Consiglio del 23 e 31 gennaio 2007, con l’intervento dei seguenti magistrati:
Dr. Pio GUERRIERI – Presidente
Dr. Giancarlo LUTTAZI – Consigliere
Dr.ssa Antonella MANGIA– Primo Ref.- Relatore – Estensore
IL PRESIDENTE IL MAGISTRATO ESTENSORE